MASSIMARIO DELLA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

Sez. UN. sent. 11216 del 13/11/1997
LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA - ATTO AMMINISTRATIVO DEL COMMISSARIO LIQUIDATORE PRECEDENTE IL DEPOSITO IN CANCELLERIA DELLO STATO PASSIVO - RICHIESTA ANNULLAMENTO - GIURISDIZIONE GIUDICE AMMINISTRATIVO - SUSSISTENZA.

Nella liquidazione coatta amministrativa la verificazione dei crediti consiste in un procedimento amministrativo, mentre il deposito dello stato passivo costituisce il presupposto per le contestazioni da parte dei creditori innanzi al giudice ordi-nario. Consegue che in ordine alla richiesta di annullamento di un atto di tale procedimento posto in essere dal commissario liquidatore sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo, al quale spetta anche stabilire se l’interesse dedotto in controversia sia o meno qualificabile come interesse legittimo ovvero come interesse di mero fatto (nella specie la società sottoposta a liquidazione coatta amministrativa aveva impugnato dinanzi al giudice amministrativo l’atto di formazione dello stato passivo con il quale il commissario liquidatore aveva negato al presidente della società di essere sentito sulle singole situazione creditorie concorsuali).
 

SEZ. 1 SENT. 11026 DEL 08/11/1997 
FALLIMENTO - OPPOSIZIONE ALLO STATO PASSIVO - QUESTIONI DEDOTTE SOLO IN FASE DI OPPOSIZIONE - INAMMISSIBILITÀ.
Il giudizio di opposizione allo stato passivo ha natura impugnatoria ed è retto dal principio dell’immutabilità della domanda, il quale esclude che possano essere prese in considerazione questioni, irrilevabili d’ufficio, dedotte in quella fase dall’opponente. È, pertanto, inammissibile la richiesta di riconoscimento della prededucibilità del credito insinuato formulata per la prima volta nel giudizio di opposizione allo stato passivo.
 

SEZ. 1 SENT. 10937 DEL 07/11/1997 
FALLIMENTO - SOCIETÀ DI CAPITALI - AMMINISTRATORI E SINDACI - AZIONE DI RESPONSABILITÀ - PRESCRIZIONE QUINQUENNALE - DECORRENZA - INSORGERE DELLO STATO DI INSOLVENZA.
L’azione di responsabilità contro amministratori e sindaci, esercitata dal curatore del fallimento, ex art. 146 L.F., compendia in sé le azioni ex artt. 2393 e 2394 cod. civ., ed è diretta alla reintegrazione del patrimonio della società fallita, visto unitariamente come garanzia e dei soci e dei creditori sociali; essa sorge, ai sensi dell’art. 2394, 2° comma, cod. civ., nel momento in cui il patrimonio sociale risulti insufficiente al soddisfacimento dei creditori della società e si trasmette al curatore nel caso di fallimento sopravvenuto. Ne consegue che la prescrizione quinquennale, di cui all’art. 2949, 2° comma cod. civ., decorre dal momento in cui si verifica l’insufficienza del patrimonio sociale: momento che, non coincidendo con il determinarsi dello stato di insolvenza, può essere anteriore o posteriore alla dichiarazione di fallimento.
 

SEZ. 1 SENT. 10788 DEL 04/11/1997 
FALLIMENTO - VENDITA DI IMMOBILI - SOSPENSIONE DELLA VENDITA.
In tema di liquidazione dell’attivo fallimentare e di sospensione della vendita a norma dell’art. 108 L.F., pur se il giudice delegato non può determinare il “giusto prezzo”, quale termine di paragone per la formulazione del giudizio di “notevole” inferiorità del prezzo di aggiudicazione rispetto a quello di mercato in base al mero fatto della maggiore entità offerta da un terzo, può tuttavia ritenere il dato della maggiore offerta come elemento idoneo, in relazione ad una valutazione su ogni altra circostanza, per desumere che il prezzo di aggiudicazione sia notevolmente inferiore a quello giusto (nel caso di specie era stato valutato l’elemento nuovo della maggiore offerta, sia pure condizionata, nel quadro degli altri elementi già acquisiti, in ordine alla determinazione del valore di mercato dell’azienda oggetto di vendita, e della sperimentata constatazione della inadeguatezza per difetto del valore di stima, in quanto riferito alla valutazione delle componenti aziendali frazionate e non all’azienda funzionante).
 

SEZ. 1 SENT. 10424 DEL 23/10/1997 
CONCORDATO PREVENTIVO - MANCATA APPROVAZIONE - SENTENZA DI FALLIMENTO PRONUNCIATA DI UFFICIO - MEZZI DI IMPUGNAZIONE - OPPOSIZIONE EX ART. 18 DELLA LEGGE FALLIMENTARE - NECESSITÀ - APPELLO EX ART. 183 STESSA LEGGE - INAMMISSIBILITÀ. 
La pronuncia con la quale il Tribunale, avendo il giudice delegato constatato il mancato raggiungimento delle maggioranze richieste ai fini dell’omologazione del concordato preventivo di una società, ed avendogliene riferito ai sensi dell’art. 179 della legge fallimentare, dichiari d’ufficio, ed ex art. 162 - dopo aver constatato tale mancato raggiungimento - il fallimento della società, costituisce solo l’epilogo negativo della prima fase della procedura di omologazione, e non può in alcun modo parificarsi alla sentenza la quale, ex art. 181 della stessa legge fallimentare, neghi - a conclusione del giudizio promosso d’ufficio dal giudice delegato (il quale abbia invece ritenuto raggiunte le maggioranze richieste) l’omologazione. Da ciò consegue - fra l’altro - che, avverso una tale pronuncia, si renda possibile non l’appello ex art. 183 della legge fallimentare (appello costituente - in realtà - mezzo di gravame appropriato al solo tipo di pronuncia ex art. 181, sopravveniente - in quanto tale - a conclusione di un giudizio a piena cognizione), ma la sola opposizione ex art. 18 della legge fallimentare, la quale si rende introduttiva di un giudizio di primo grado a cognizione piena che ben si addice ad un tal tipo di dichiarazione di fallimento (quella ex artt. 179 e 162 L.F.), facente seguito ad un contraddittorio dalla natura del tutto sommaria.
 

SEZ. 1 SENT. 10383 DEL 22/10/1997 
FALLIMENTO - AZIONE REVOCATORIA FALLIMENTARE - ATTI A TITOLO ONEROSO, PAGAMENTI E GARANZIE - IN GENERE - CONOSCENZA DELLO STATO DI INSOLVENZA NEL CASO DI PERSONA GIURIDICA - STATO SOGGETTIVO DELL’ORGANO - RILEVANZA ANCHE DI QUANTO EVENTUALMENTE CONOSCIUTO AL DI FUORI DEL RAPPORTO ORGANICO.
Il presupposto soggettivo della revocatoria promossa nei confronti di una società di capitali, non conosce criteri differenziati di valutazione dello stato di “scienza” o di “ignoranza” dello stato di insolvenza, ed infatti tali stati soggettivi, nel caso delle persone giuridiche, si identificano normalmente, in quelli delle persone fisiche che ne hanno la rappresentanza in virtù del nesso organico, e pertanto si assoggettano ai criteri di valutazione generale, senza che sia possibile e legittimo - d’altronde - distinguere fra ciò che l’organo abbia conosciuto in ragione del rapporto di rappresentanza organica, e quanto, eventualmente, egli abbia invece appreso attraverso le personali relazioni familiari. 
 

SEZ. 1 SENT. 09533 DEL 29/09/1997
FALLIMENTO - DICHIARAZIONE - COMPETENZA PER TERRITORIO - SOCIO ILLIMITATAMENTE RESPONSABILE DI DUE SOCIETÀ - PRINCIPIO DELLA PREVENZIONE - COMPETENZA DEL TRIBUNALE SUCCESSIVAMENTE ADITO IN ORDINE AGLI ALTRI SOCI ED ALLA LIQUIDAZIONE DEL PATRIMONIO SOCIALE.
L’inderogabile esigenza dell’unicità della procedura concorsuale contro il medesimo soggetto, che costituisce la ragione ispiratrice del principio di prevenzione, se impedisce che il fallimento del socio illimitatamente responsabile di due società possa essere frazionato tra due tribunali diversi, lascia impregiudicata la competenza del tribunale che ha dichiarato il fallimento della seconda società, per quanto riguarda la liquidazione del patrimonio sociale e quello degli altri soci illimitatamente responsabili.
 

SEZ. 1 SENT. 09532 DEL 29/09/1997 
FALLIMENTO - AZIONE REVOCATORIA FALLIMENTARE - ATTI A TITOLO GRATUITO - NOZIONE - ASSENZA DI CORRISPETTIVO - SUFFICIENZA - ESCLUSIONE
Agli effetti dell’art. 64 L.F., per qualificare un atto quale atto a titolo gratuito, non è sufficiente l’assenza di corrispettivo, che di per sé non equivale a gratuità dell’atto, ma è necessaria anche la presenza dello spirito di liberalità. Gli interventi gratuiti compiuti da una società a favore di un’altra società giuridicamente autonoma dalla prima, ma ad essa collegata, debbono presumersi - qualora ricorrano particolari circostanze che rivelino unitarietà di finalità e di amministrazione - non già come espressione di spirito di condiscendenza e di liberalità, bensì come atti preordinati al soddisfacimento di un proprio interesse economico, sia pure mediato e indiretto, ma giuridicamente rilevante.
 

SEZ. 1 SENT. 09520 DEL 29/09/1997 
FALLIMENTO - AZIONE REVOCATORIA FALLIMENTARE - GARANZIE - NUOVA APERTURA DI CREDITO AL DEBITORE - IPOTECA - REVOCATORIA - AMMISSIBILITÀ. 
L’ipoteca iscritta da una banca, in sede di apertura di credito concessa al cliente già debitore per saldo passivo relativo ad altro contratto regolato in conto corrente è qualificabile come garanzia di detta obbligazione e, come tale, ricade nella previsione dell’art. 67, n. 2 L.F., in presenza di collegamento negoziale, che evidenzi l’intento dei contraenti di considerare la nuova provvista come già utilizzata dall’accreditato per l’importo corrispondente al precorso debito.
 

SEZ. 1 SENT. 09456 DEL 26/09/1997
FALLIMENTO - RAPPORTI PROCESSUALI - LEGITTIMAZIONE DEL FALLITO - CONDIZIONI - TOTALE INERZIA DEGLI ORGANI FALLIMENTARI - LIMITI.
In applicazione dell’art. 43 L.F., il fallimento determina, per un verso, l’attribuzione in via esclusiva al curatore fallimentare della capacità processuale e, per altro verso, la perdita della capacita processuale del fallito. Il fallito conserva eccezionalmente la capacità e la legittimazione processuale di fronte all’inerzia dell’amministrazione fallimentare, anche se tale legittimazione straordinaria o suppletiva è ammissibile sol quando siffatta inerzia sia stata determinata da un totale disinteresse degli organi fallimentari e non anche quando consegua ad una negativa valutazione della convenienza della controversia.
 

SEZ. 1 SENT. 09359 DEL 23/09/1997
FALLIMENTO - DICHIARAZIONI TARDIVE - MANCATA COSTITUZIONE NEL TERMINE DI CINQUE GIORNI PRIMA DELL’UDIENZA - DECADENZA. 
Il rinvio che l’art. 101 L.F. fa all’art. 98, 3° comma della stessa legge deve ritenersi globale, con la conseguenza che la mancata costituzione nel termine di cinque giorni prima dell’udienza fissata dal giudice delegato rende applicabile la sanzione dell’abbandono della domanda.
 

SEZ. 1 SENT. 09030 DEL 12/09/1997 
FALLIMENTO - SOCIETÀ IRREGOLARE E DI FATTO - “APPARENZA” DELLA SOCIETÀ - RILEVANZA AI FINI DELLA RESPONSABILITÀ DEI SOCI E DELL’ENTE ANCHE IN SEDE FALLIMENTARE - LIMITI.
In tema di società di fatto, per la configurabilità della responsabilità delle persone e o dell’ente, anche in sede fallimentare, non è necessaria la prova dell’esistenza della società, essendo sufficiente la cosiddetta “apparenza della società”, ossia il comportamento di due o più persone che, pur non essendo legate da vincoli sociali, operano nel mondo esterno in modo da generare il convincimento che esse agiscono come soci. L’apparenza, tuttavia, non è oggetto di tutela in se stessa, ma solo in quanto strumentale alla tutela dell’affidamento dei terzi di buona fede, onde essa non può essere invocata da chi sia consapevole dell’inesistenza del vincolo sociale.
 

SEZ. 1 SENT. 08990 DEL 11/09/1997
FALLIMENTO - AMMISSIONE AL PASSIVO - DOMANDA - EFFETTI - PRESCRIZIONE - INTERRUZIONE - SUSSISTENZA. 
La dichiarazione di fallimento non sospende né interrompe il termine per l’esercizio delle azioni creditorie; soltanto la presentazione dell’istanza di ammissione del credito al passivo fallimentare, equiparabile all’atto con cui si inizia un giudizio, determina l’interruzione della prescrizione del credito medesimo, con effetti permanenti fino alla chiusura della procedura concorsuale, in applicazione del principio fissato dall’art. 2945, 2° comma cod. civ.
 

SEZ. 1 SENT. 08773 DEL 09/09/1997 
FALLIMENTO - DICHIARAZIONE - COMPETENZA PER TERRITORIO - SEDE LEGALE DELLA SOCIETÀ - PRESUNZIONE DI COINCIDENZA CON LA SEDE EFFETTIVA - LIMITI.
Al fine della corretta individuazione dell’autorità giudiziaria territorialmente competente a conoscere della domanda di fallimento (o di amministrazione controllata) di società commerciali, giusto disposto dell’art. 9 L.F., la presunzione di coincidenza della sede effettiva con la sede legale dell’ente opera, in caso di trasferimento, con riferimento alla sede precedente, e non a quella successiva, quando il trasferimento stesso sia temporalmente vicino a detta domanda, e, quindi, ricompreso in epoca in cui debba considerarsi già manifestata, o quantomeno imminente, la crisi economica dell’impresa, atteso che, in tale evenienza, il mutamento del centro direttivo della stessa, in carenza dei presupposti naturali connessi all’evoluzione delle sue esigenze, si presenta sospetto (se non fittiziamente preordinato ad incidere proprio sulla competenza territoriale), quando difettino elementi dimostrativi della sua effettività. A più forte ragione deve ritenersi del tutto ininfluente, ratione loci il trasferimento della sede sociale operato in epoca posteriore alla data del deposito dell’istanza di fallimento (equiparabile, quoad effectum, alla proposizione della domanda giudiziale), che si pone come vicenda processuale “impeditiva” rispetto a tutti i successivi mutamenti della situazione di fatto.
 

SEZ. 1 SENT. 08662 DEL 06/09/1997
FALLIMENTO - AZIONE REVOCATORIA FALLIMENTARE - GARANZIE - CONCESSIONE DI UN FIDO SENZA APERTURA DI CREDITO - RIMESSE SUL CONTO CORRENTE - CARATTERE SOLUTORIO - REVOCABILITÀ.
Dal contratto di apertura di credito quale disciplinato dal codice civile discendono l’obbligo della banca di tenere la somma, predeterminata nell’ammontare e per il periodo stabilito, a disposizione del cliente e il diritto di questi di disporre della stessa, in più volte e secondo le forme di uso se non è stato convenuto altrimenti, come previsto dall’art. 1843, ovvero in qualsiasi momento, salva l’osservanza del termine di preavviso eventualmente pattuito, se l’apertura è regolata in conto corrente, a norma dell’art. 1852. Non concretano diversamente l’apertura di credito i contratti i quali, pur prevedendo la concessione di un fido al cliente non determinano con immediatezza l’insorgenza dell’obbligazione della banca e del corrispondente diritto del cliente, ma prevedono che il fido sarà completamente operante al momento del compimento di determinati atti o del realizzarsi di determinate condizioni o circostanze e solo nell’ammontare corrispondente alla concreta operazione correlata a quell’atto a quella condizione o a quella circostanza. Consegue che relativamente a tali contratti diversi dall’apertura di credito i versamenti effettuati dal cliente sul conto corrente non possono essere considerati atti di natura ripristinatoria della provvista correlata al fido e, come tali, sono revocabili ai sensi dell’art. 67, 2° comma L.F. (nel caso di specie la banca aveva concesso alla società successivamente fallita due fidi, uno per sconto di portafoglio commerciale e uno per anticipazioni su divisa export). 
 

SEZ. 1 SENT. 08173 DEL 29/08/1997
FALLIMENTO - AZIONE REVOCATORIA FALLIMENTARE - CESSIONE DI CREDITO - DEBITORE CEDUTO - LITISCONSORZIO NECESSARIO - ESCLUSIONE. 
Il giudizio di revocatoria fallimentare della cessione di un credito posta in essere dal debitore poi fallito, deve svolgersi unicamente nei confronti del cessionario, senza necessità che il contraddittorio si formi anche nei confronti del debitore ceduto, estraneo al negozio di cessione. Pertanto la citazione in giudizio del debitore ceduto con finalità meramente istruttorie (quali l’acquisizione di certezza in ordine all’avvenuto adempimento nei riguardi del cessionario) senza proposizione di domande contro lo stesso, non implica, in sede di gravame, la necessità di impugnazione della sentenza anche nei suoi confronti.
 

SEZ. 1 SENT. 08172 DEL 29/08/1997 
FALLIMENTO - CHIUSURA - SENTENZA DI RIAPERTURA - CONVOCAZIONE DEL DEBITORE - NECESSITÀ - OMISSIONE - RICORSO PER CASSAZIONE EX ART. 111 COST. - PROPONIBILITÀ.
L’esplicita previsione di non impugnabilità della sentenza di riapertura del fallimento, contenuta nell’art. 121 della legge fallimentare, posta in relazione alla qualificazione formale dell’atto e alla sua idoneità a produrre in via definitiva, attesane la non revocabilità, riflessi pregiudizievoli per il debitore e per gli altri soggetti tenuti a risentirne gli effetti, rende ammissibile il ricorso straordinario contro la stessa, a norma dell’art. 111 Cost., derivando inoltre dalla detta idoneità pregiudizievole che i soggetti nei cui confronti la riapertura venga disposta debbano essere, pena la nullità del procedimento, preventivamente informati della relativa istanza e posti in condizione di esercitare il loro diritto di difesa mediante l’instaurazione del contraddittorio, non rilevando, in contrario, la mancanza di una espressa previsione normativa circa l’obbligatoria convocazione dei soggetti sopraindicati, tenuto conto per un verso delle indicazioni della giurisprudenza costituzionale riguardo agli articoli 15 e 147 della stessa legge fallimentare, e per altro verso, direttamente, del diritto di difesa garantito dall’art. 24 Cost.
 

SEZ. 1 SENT. 08152 DEL 28/08/1997 
FALLIMENTO - DICHIARAZIONE- COMPETENZA PER TERRITORIO INDEROGABILE - PRECEDENTE AMMISSIONE AL CONCORDATO PREVENTIVO PRESSO ALTRO TRIBUNALE - RILEVANZA - ESCLUSIONE - REGOLAMENTO DI COMPETENZA.
L’ammissione di un imprenditore commerciale alla procedura di concordato preventivo da parte del tribunale all’uopo adito non comporta l’automatica improcedibilità del ricorso per la dichiarazione di fallimento successivamente presentata, dal creditore dello stesso imprenditore, presso altro tribunale, dovendosi, in ogni caso, risolvere il problema pregiudiziale della competenza ai sensi dell’art. 9 L.F.. Ne consegue che, ritenuta, in sede di regolamento necessario dinanzi alla Suprema Corte, la competenza per territorio del tribunale presso il quale venne presentata l’istanza di fallimento, il decreto della (diversa) autorità giudiziaria che, pur prima della formale dichiarazione di fallimento, ebbe ad ammettere l’imprenditore alla procedura di concordato preventivo va annullato con la stessa pronuncia regolatrice della competenza.
 

SEZ. 1 SENT. 07814 DEL 21/08/1997 
CONCORDATO PREVENTIVO - MERITEVOLEZZA DEL DEBITORE - SOCIETÀ DI CAPITALI - ACCERTAMENTO - CRITERI.
Con riguardo alla concessione del beneficio del concordato preventivo, il requisito della meritevolezza del debitore, prescritto dall’art. 181, 1° comma, n. 4) L.F., indipendentemente dalla circostanza che si tratti di concordato per garanzia ovvero di concordato remissorio ovvero, ancora, misto, deve sussistere anche nei confronti delle società di capitali, dovendosi in tale ipotesi prendere in considerazione gli atti ed i comportamenti degli amministratori imputabili alla società in virtù del rapporto organico. In caso di sostituzione degli amministratori anteriormente alla procedura di concordato preventivo, consistendo la sostituzione in un atto “neutro” che non segna necessariamente una frattura dell’imputabilità alla società degli atti dei precedenti amministratori, occorre, ai fini del giudizio sulla meritevolezza, che la società dimostri di avere adottato tutte quelle iniziative, compresa l’azione di responsabilità ex art. 2932 cod. civ., poste a tutela del suo patrimonio e buon nome. 
 

SEZ. 1 SENT. 07756 DEL 20/08/1997 
FALLIMENTO - RIPARTIZIONE DELL’ATTIVO - ORDINE DI DISTRIBUZIONE - BENI GRAVATI DA GARANZIE REALI SPECIALI - SPESE PREDEDUCIBILI - INCIDENZA.
L’art. 111 L.F., nello stabilire l’ordine di distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo, colloca al primo posto il pagamento delle spese e dei debiti contratti per l’amministrazione del fallimento. Tali spese costituiscono crediti non concorsuali e vanno quindi soddisfatti con prededuzione prima della ripartizione dell’attivo fra i creditori concorsuali siano essi privilegiati o chirografari. Tuttavia, la prededuzione ex art. 111 non incide ugualmente su tutti i beni alienati, perché ove si tratti di beni gravati da garanzie reali speciali, le spese generali di amministrazione rilevano nei soli limiti in cui esse si ricolleghino all’amministrazione e alla liquidazione di detti beni, ovvero siano attinenti ad attività di amministrazione direttamente rivolte all’incremento dei beni stessi o a specifica utilità dei relativi creditori garantiti.
 

SEZ. 1 SENT. 07401 DEL 08/08/1997
FALLIMENTO - FORMAZIONE DELLO STATO PASSIVO - IMPUGNAZIONE DEI CREDITI AMMESSI - SOGGETTI LEGITTIMATI ALL’IMPUGNAZIONE - CURATORE - ESCLUSIONE.
Nel giudizio d’impugnazione dei crediti ammessi al passivo fallimentare previsto dall’art. 100 L.F. la legittimazione è attribuita a ciascun creditore e non anche al curatore al quale il ricorso e il decreto di fissazione dell’udienza vanno notificati affinché la sentenza sia opponibile alla massa. Né diversa è la conclusione con riguardo ai crediti ammessi a norma dell’art. 101 L.F., trattandosi di un procedimento attraverso il quale, al pari di quello di insinuazione tempestiva, si fanno valere nel fallimento diritti suscettibili di essere insinuati al passivo. L’identità di ratio che è a base dell’esclusione del potere di impugnazione dei crediti ammessi nella normale verifica, postula la medesima esclusione relativamente alla sentenza emanata a conclusione del giudizio di insinuazione tardiva ex art. 101 L.F., spettando tale potere solamente al creditore escluso o a quelli intervenuti.
 

SEZ. 1 SENT. 07390 DEL 08/08/1997 
CONCORDATO PREVENTIVO - AMMINISTRAZIONE DEI BENI - ELENCAZIONE EX ART. 167, SECONDO COMMA L.F. - CARATTERE TASSATIVO - ESCLUSIONE - PORTATA.
L’enumerazione degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione contenuta nell’art. 167 L.F., per il compimento dei quali occorre l’autorizzazione scritta del giudice delegato, ha carattere esemplificativo e non tassativo. Tuttavia, ciò non significa che nell’ambito dei casi indicati dalla norma possa distinguersi tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione secondo un criterio di normalità riferito ad una certa attività d’impresa. I casi specifici previsti nell’art. 167, 2° comma, nella loro tipologia, sono tutti relativi ad atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, tali già considerati dal legislatore, il quale ha poi ritenuto di aggiungere una formula di chiusura facendo riferimento agli atti, ancorché non tipizzati, comunque riconducibili nel novero di quelli che eccedono l’amministrazione ordinaria, rispetto ai quali si può compiere in concreto la valutazione di atto eccedente o non eccedente l’ordinaria amministrazione (principio affermato in un caso di vendita non autorizzata, preceduta da contratto preliminare, effettuata da impresa operante nel settore delle costruzioni).
 

SEZ. 1 SENT. 07208 DEL 05/08/1997 
FALLIMENTO - DICHIARAZIONE - COMPETENZA PER TERRITORIO - PERSONA FISICA - FALLIMENTO QUALE SOCIO ILLIMITATAMENTE RESPONSABILE DI SOCIETÀ DI PERSONE - DICHIARAZIONE DA PARTE DI DUE DISTINTI TRIBUNALI - CONFLITTO POSITIVO DI COMPETENZA - RISOLUZIONE - CRITERIO.
Nell’ipotesi di duplice dichiarazione di fallimento di una stessa persona fisica, ancorché nella qualità di socio illimitatamente responsabile di società di persone, esclusa la possibilità dell’instaurarsi di due distinte procedure fallimentari, stante l’indefettibile esigenza dell’unicità delle attività liquidatorie, il relativo e reale conflitto positivo di competenza, denunciabile ai sensi dell’art. 45 cod. proc. civ., in applicazione analogica di tale norma, va risolto in favore del tribunale che per primo ebbe a dichiarare il fallimento, in applicazione del principio della prevenzione. Qualora tale criterio non possa operare, per essere state le due sentenze di fallimento depositate nella stessa data, è praticabile il criterio dell’attrazione da parte del fallimento di maggiore ampiezza.
 

SEZ. 1 SENT. 07019 DEL 28/07/1997 
FALLIMENTO - SENTENZA DICHIARATIVA - OPPOSIZIONE - IN GENERE - CARATTERE INQUISITORIO DEL GIUDIZIO - FASCICOLO FALLIMENTARE - UTILIZZABILITÀ DIRETTA.
Il giudizio d’opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento è governato dal principio inquisitorio, nella cui applicazione il giudice, investito dall’esercizio di un potere di indagine attiva che costituisce riflesso e sviluppo di quello che caratterizza la fase di apertura della procedura concorsuale, è sottratto alla normale distribuzione dell’onere della prova e non è soggetto al vincolo delle prove legali, e può, in concreto, attingere le fonti del proprio convincimento da tutte le risultanze del fascicolo fallimentare, restando irrilevante la questione se tale fascicolo debba ritenersi acquisito di diritto agli atti del processo d’opposizione o se l’allegazione di esso debba avvenire mediante uno specifico provvedimento istruttorio.
Conseguentemente sono utilizzabili dal giudice dell’opposizione quelle informa-zioni provenienti dai creditori, compresi quelli istanti per la dichiarazione di 
fallimento, così come in generale tutte le acquisizioni conoscitive provenienti dal fascicolo fallimentare, rientrando le stesse nella categoria delle prove atipiche 
delle quali il giudice ha facoltà di avvalersi per l’accertamento dei fatti (principio affermato in un caso di opposizione a dichiarazione di fallimento del socio 
illimitatamente responsabile a norma dell’art. 147, secondo comma L.F.).
 

SEZ. 1 SENT. 06925 DEL 24/07/1997 
FALLIMENTO - SOCIETÀ DI PERSONE - TRASFORMAZIONE IN SOCIETÀ DI CAPITALI - FALLIMENTO DELLA SOCIETÀ PREESISTENTE - AUTOMATICA ESTENSIONE AI SOCI - AMMISSIBILITÀ - TERMINE ANNUALE EX ART. 10 L.F. - INAPPLICABILITÀ.
La trasformazione di una società di persone in società di capitali non comporta 
l’estinzione di un soggetto e la creazione di un altro soggetto, ma la semplice modificazione della struttura e dell’organizzazione societaria, che lascia immutata l’identità soggettiva dell’ente ed immutati i rapporti giuridici ad essa facenti capo e mantiene inalterata ad ogni effetto, per le obbligazioni anteriori alla trasformazione, la responsabilità illimitata dei soci derivante dal precedente assetto giuridico, salvo che i creditori abbiano aderito alla trasformazione. Ne consegue che detti soci sono soggetti, ai sensi dell’art. 147 L.F., alla automatica estensione personale del fallimento della società preesistente e ciò senza che debba ricorrere in loro la qualità di imprenditore o che si realizzi il requisito della insolvenza relativamente alla singola sfera soggettiva e, ancora, senza che operi la regola del termine annuale di cui all’art. 10 L.F..
 

SEZ. 1 SENT. 06924 DEL 24/07/1997 
CONCORDATO PREVENTIVO - DOTTORE COMMERCIALISTA NOMINATO LIQUIDATORE GIUDIZIALE - COMPENSO - VINCOLATIVITÀ DELLA DISCIPLINA DEL D.P.R. N. 645 DEL 1994 - ESCLUSIONE - TRATTAMENTO PREVISTO PER IL CURATORE FALLIMENTARE - APPLICABILITÀ - SUSSISTENZA.
Il D.P.R. n. 645 del 1994 - recante la disciplina degli onorari, delle indennità e dei criteri per il rimborso delle spese per le prestazioni professionali dei dottori commercialisti - ha natura di regolamento, la cui eventuale violazione di parametri costituzionali può essere sempre accertata dal giudice ordinario investito dell’esame della controversia concernente diritti soggettivi, al fine della disapplicazione, anche d’ufficio, delle norme in esso contenute. Pertanto, correttamente il giudice del merito - rilevata l’assimilabilità tra le funzioni del liquidatore giudiziale ex art. 182 L.F. e quelle del curatore fallimentare, dedotta la sostanziale equiparabilità di tali soggetti ai fini della determinazione dei compensi e considerata l’esistenza di un’ingiustificata ed irragionevole disparità tra il trattamento previsto dall’art. 30 del citato D.P.R. a favore del dottore commercialista nominato liquidatore giudiziale 
ex art. 182 L.F. ed il trattamento previsto per i curatori fallimentari in rela-zione all’intera procedura di fallimento - nel procedere alla determinazione 
del compenso per il liquidatore giudiziale disapplica il menzionato D.P.R. ed utilizza i criteri stabiliti nell’art. 1 del D.M. n. 570 del 1992 per la liquidazione del compenso al curatore.