DE' DELITTI E DELLE PENE
"La
buona fede dei contratti, la sicurezza del commercio costringono il legislatore
ad assicurare ai creditori le persone dei debitori falliti, ma io credo
importante il distinguere il fallito doloso dal fallito innocente: il primo
dovrebbe essere punito coll’istessa pena che è assegnata ai falsificatori
delle monete, poiché il falsificare un pezzo di metallo coniato,
che è un pegno delle obbligazioni de’ cittadini, non è maggior
delitto che il falsificare le obbligazioni stesse."
Gustav Klimt (1862 - 1918),
Il bacio (1905/09 - cm 194,5 x
120,3),
Österr. Museum für Angewandte
Kunst, Vienna
Tra i numerosi capitoli che compongono la fondamentale
opera giuridica
di Cesare Beccaria, uno in particolare è
dedicato agli insolventi
cap. XXXIV- DEI DEBITORI
Ma il fallito innocente, colui che dopo un rigoroso
esame ha provato innanzi a’ suoi giudici che o l’altrui disgrazia o vicende
inevitabili dalla prudenza umana lo hanno spogliato delle sue sostanze,
per qual barbaro motivo dovrà essere gettato in una prigione, privo
dell’unico e tristo bene che gli avanza di una nuda libertà, a provare
le angosce dei colpevoli e colla disperazione della probità oppressa
a pentirsi forse di quella innocenza colla quale vivea tranquillo sotto
la tutela di quelle leggi che non era in sua balìa di non offendere,
leggi dettate dai potenti per avidità e dai deboli sofferte per
quella speranza che per lo più scintilla nell’animo umano, la quale
ci fa credere gli avvenimenti sfavorevoli esser per gli altri e gli avantaggiosi
per noi? Gli uomini abbandonati ai loro sentimenti i più obvii amano
le leggi crudeli, quantunque, soggetti alle medesime, sarebbe dell’interesse
di ciascuno che fossero moderate, perché è più grande
il timore di essere offesi che la voglia di offendere. Ritornando all’innocente
fallito, dico che se inestinguibile dovrà essere la di lui obbligazione
fino al totale pagamento, se non gli sia concesso di sottrarvisi senza
il consenso delle parti interessate e di portar sotto altre leggi la di
lui industria, la quale dovrebb’esser costretta sotto pene ad esser impiegata
e rimetterlo in istato di soddisfare proporzionalmente ai progressi, qual
sarà il pretesto legittimo, come la sicurezza del commercio, come
la sacra proprietà dei beni, che giustifichi una privazione di libertà
inutile, fuori che nel caso di far coi mali della schiavitù svelare
i segreti di un supposto fallito innocente, caso rarissimo nella supposizione
di un rigoroso esame! Credo massima legislatoria che il valore degl’inconvenienti
politici sia in ragione composto della diretta del danno pubblico e della
inversa della improbabilità di verificarsi.
Potrebbesi distinguere il dolo dalla colpa grave,
la grave dalla leggiera, e questa dalla perfetta innocenza ed assegnando
al primo le pene dei delitti di falsificazione, alla seconda minori, ma
con privazione di libertà, riserbando all’ultima la scelta libera
dei mezzi di ristabilirsi, togliere alla terza la libertà di farlo,
lasciandola ai creditori. Ma le distinzioni di grave e di leggero debbon
fissarsi dalla cieca ed imparzial legge, non dalla pericolosa ed arbitraria
prudenza dei giudici. Le fissazioni dei limiti sono così necessarie
nella politica come nella matematica, tanta nella misura delle grandezze.
Con quale facilità il provido legislatore potrebbe impedire una
gran parte dei fallimenti colpevoli e rimediare alle disgrazie dell’innocente
industrioso!
La pubblica e manifesta registrazione di tutt’i
contratti e la libertà a tutti i cittadini di consultarne i documenti
bene ordinati, un banco pubblico formato dai saggiamente ripartiti tributi
sulla felice mercatura e destinato a soccorrere colle somme opportune l’infelice
ed incolpabile membro di essa, nessun reale inconveniente avrebbero ed
innumerabili vantaggi possono produrre. Ma le facili, le semplici, le grandi
leggi, che non aspettano che il cenno del legislatore per ispandere nel
seno della nazione la dovizia e la robustezza, leggi che d’inni immortali
di riconoscenza di generazione in generazione lo ricolmerebbero, sono o
le men cognite o le meno volute.
Uno spirito inquieto e minuto, la timida prudenza
del momento presente, una guardinga rigidezza alle novità s’impadroniscono
dei sentimenti di chi combina la folla delle azioni dei piccoli mortali.
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