Novità legislative
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LE SANZIONI
PER OMESSI
VERSAMENTI IVA
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NELLE PROCEDURE
CONCORSULI

 
di Lodovico Zocca


 La normativa sulle sanzioni per omessi versamenti di imposta sul valore aggiunto ha subìto recenti modificazioni, di rilevante importanza anche per le procedure concorsuali, sia per quanto concerne l’entità delle stesse, sia per le possibilità di limitazione del loro ammontare offerte da apposite “mini sanatorie”.
L’argomento si rivela particolarmente utile per quelle procedure in cui, a causa degli omessi versamenti degli importi derivanti dalle liquidazioni periodiche e/o il saldo derivante dalla dichiarazione annuale, l’irrogazione di sanzioni (assistite dal privilegio generale sui beni mobili ex artt. 2752, 3° comma, e 2778 n. 19 cod. civ., nonché con collocazione sussidiaria sugli immobili ex art. 2776 cod. civ.) possa far venir meno ogni possibilità di ripartizione di somme a creditori di grado inferiore, ed in particolare ai chirografari, ovvero rendere impossibile la fruizione del beneficio dell’ammissione a procedure concorsuali minori.

1. La normativa previgente
La formulazione originaria dell’art. 44 D.P.R. 633/1972, come introdotta dall’art. 1 D.P.R. 29 gennaio 1979, n. 24, prevedeva per gli omessi versamenti IVA l’applicazione di due distinte sanzioni, che normalmente venivano separatamente irrogate dagli Uffici Provinciali:
  *la soprattassa pari alla metà dell’imposta non versata, o versata in meno, quale risultante dalla dichiarazione annuale presentata;
  * la pena pecuniaria da due a quattro volte l’imposta non versata, o versata in meno, nei versamenti periodici di cui agli artt. 27 e 33 dello stesso decreto.
Pertanto, a titolo esemplificativo, a fronte dell’omesso versamento mensile di £ 10 milioni nel mese di gennaio, di £ 5 milioni nel mese di giugno e di £ 15 milioni nel mese di ottobre di un determinato periodo d’imposta, e nell’ipotesi dell’omesso versamento a saldo dell’imposta risultante dalla dichiarazione annuale per £ 2 milioni conseguiva l’irrogazione delle seguenti sanzioni:
 * soprattassa pari a £ 1 milione;
 * pena pecuniaria da £ 60 a £ 120 milioni.
Ciò anche nel caso in cui (come nell’esempio sopra formulato) il debito d’imposta risultante da alcune liquidazioni mensili fosse stato, per l’effetto degli acquisti operati a fine anno, quasi integralmente assorbito dal credito di rivalsa.
A seguito dell’emanazione dell’art. 10, 2° comma, del D.L. 20 giugno 1996, n. 323, la norma portata dall’art. 44 D.P.R. 633/1972 era stata modificata con la previsione di una sanzione unificata, per l’ipotesi sia di omesso od insufficiente versamento dell’imposta risultante dalla dichiarazione annuale presentata, che di quella risultante dalle liquidazioni periodiche di cui agli articoli 27, 33 e 74, 4° comma costituita da una soprattassa pari all’imposta non versata o versata in meno.
La citata nuova formulazione della norma aveva senza dubbio razionalizzato la tipologia di sanzione applicabile alla fattispecie dell’omesso od insufficiente versamento d’imposta, fosse essa derivante da liquidazioni periodiche ovvero da dichiarazione annuale, individuandola nella “soprattassa”. Con ciò ponendo fine anche ad una non più attuale collocazione fra le pene pecuniarie della violazione dell’obbligo di versamento derivante dalle liquidazioni periodiche.
In tal modo, come correttamente evidenziato nella circolare 199/E/III/6/0836 del 13.8.1996 (Min. Fin., Dipartimento Entrate - Dir. Centr. Accertamento e Programmazione), “è stata raddoppiata la soprattassa prevista dal primo comma dell’ articolo 44 per l’omesso versamento dell’ imposta risultante dalla dichiarazione annuale presentata… Inoltre, gli omessi versamenti periodici già sanzionati dall’articolo 44, secondo comma, con le pene pecuniarie da due a quattro volte, vengono ora assoggettati alla stessa soprattassa del 100 per cento, sempre commisurata all’imposta non versata o versata in meno.
Le modifiche introdotte non potevano tuttavia considerarsi del tutto soddisfacenti, in quanto - come precisato dal Min. Finanze nel comunicato stampa del 14.11.1996 - “il contribuente che, oltre agli omessi versamenti periodici, non effettui in sede di dichiarazione annuale il versamento integrale delle somme dovute risultanti dalla dichiarazione, è soggetto a sanzione sia per gli omessi versamenti periodici che per il mancato pagamento dell’ imposta in sede di dichiarazione annuale”.
In tale circostanza, il Ministero - nonostante l’evidenza del contrario - aveva testualmente escluso la sussistenza di una duplicazione “in quanto la sanzione colpisce separatamente due comportamenti omissivi ben distinti”, peraltro facendo presente “che la materia potrà essere oggetto di revisione nell’ambito dell’ esercizio della delega concernente la revisione delle sanzioni amministrative contenute nel collegato alla Finanziaria”.
Nel caso dell’esempio sopra citato, le sanzioni si unificavano in una soprattassa pari a complessive £ 32 milioni.

2. La normativa attuale
I decreti legislativi del 18 dicembre 1997, nn. 471, 472 e 473, la cui entrata in vigore è stata fissata al 1° aprile 1998, hanno profondamente innovato la materia delle sanzioni tributarie, modificando da un lato l’entità delle sanzioni, dall’altro abolendo sia le fattispecie della soprattassa che della pena pecuniaria, previste dalla normativa previgente, sostituendole con la “sanzione pecuniaria”, consistente nel pagamento di una somma di denaro, e con le “sanzioni accessorie”, consistenti nell’interdizione per determinati periodi di tempo da cariche amministrative, partecipazione a gare, dalle licenze, ecc. (artt. 2, 21 e 26 D. Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, recante disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie).
In particolare, per quanto concerne la questione dell’omesso od insufficiente versamento di IVA, il D. Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, recante la riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi, prevede all’art. 13 (“Ritardati od omessi versamenti diretti”) che: “Chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i vesamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell’imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l’ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato...”.
Pertanto nel caso dell’esempio formulato nel precedente paragrafo, si sarebbe avuta l’irrogazione di una sanzione pari a £ 9.600.000.
È tuttavia prevista una possibilità di “ravvedimento”, con conseguente riduzione delle sanzioni (art. 13 D. Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472), applicabile sempreché la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività di accertamento delle quali l’autore della violazione abbia avuto formale conoscenza.
È stata quindi prevista la riduzione ad un ottavo del minimo, nei casi di mancato pagamento del tributo o di un acconto, se esso viene eseguito nel termine di trenta giorni dalla data della sua commissione (comma 1 lett. a); ad un sesto del minimo, se la regolarizzazione avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro un anno dall’omissione (comma 1 lett. c). 
Poiché, come si vede, le modifiche normative apportate con i decreti legislativi sopra indicati sono rilevantissime, l’art. 25 del D. Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, ha stabilito che le disposizioni ivi previste si applichino alle violazioni non ancora contestate o per le quali la sanzione non sia stata irrogata alla data della sua entrata in vigore.
Peraltro, come prevede ulteriormente l’ultimo comma della norma in questione, i procedimenti in corso possono essere definiti, quanto alle sanzioni, entro sessanta giorni dall’emanazione dei futuri decreti di cui all’art. 28 dello stesso decreto (i quali, da emanarsi entro quattro mesi dalla sua pubblicazione, stabiliranno le modalità di pagamento delle somme dovute a titolo di sanzione), con il pagamento di una somma pari al quarto dell’irrogato, ovvero al quarto dell’ammontare risultante dall’ultima sentenza o decisione amministrativa. È ovviamente esclusa la ripetizione di quanto eventualmente già pagato.
Inoltre l’art. 3, 3° comma del decreto in questione ha stabilito il principio dell’applicazione della legge più favorevole, nel caso in cui la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione prevedesse sanzioni di entità diversa rispetto alle leggi posteriori, salvo che il provvedimento di irrogazione non sia divenuto definitivo.

3. Le agevolazioni dell’ art. 6 bis legge 29.11.1997, n. 410
La nuova normativa sul sistema sanzionatorio va messa in stretta correlazione ad un’altra norma di recentissima introduzione: l’art. 6 bis della legge 29 novembre 1997, n. 410, che ha convertito il D.L. 29 settembre 1997, n. 328.
Questa ha infatti inserito la possibilità, per le procedure concorsuali attualmente in essere, di versare l’imposta sul valore aggiunto con decorrenza dell’obbligo di versamento dal trentesimo giorno successivo alla data in cui la procedura è abilitata ad utilizzare le somme disponibili, con conseguente esclusione sia delle sanzioni che degli interessi.
Più precisamente, a seconda della procedura, l’agevolazione è concessa purché il pagamento venga eseguito entro trenta giorni decorrenti rispettivamente:
a] nel caso di fallimento, dalla data di esecutività del piano di riparto di cui all’art. 110 L.F.;
b] nel caso di amministrazione controllata, dalla data di pubblicazione del decreto di chiusura di cui all’art. 193 L.F.;
c] nel caso di concordato preventivo, dalla data del passaggio in giudicato della sentenza di omologazione di cui all’art. 181 L.F.
Sono altresì previste le date di riferimento per le procedure di liquidazione coatta amministrativa e di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.
Il versamento, alle scadenze sopra indicate, deve essere eseguito in unica soluzione, oppure in dodici rate bimestrali maggiorate di interessi.
Nonostante la formulazione della norma, che fa riferimento esclusivamente alle “procedure concorsuali in essere alla data di entrata in vigore della legge di conversione “ (30.11.1997, come espressamente stabilito dall’art. 1 comma 2), i motivi che hanno indotto il legislatore a concedere tale sanatoria delle sanzioni relative al tardivo versamento, non sembra possano venir meno per le procedure che si apriranno in seguito.
Comunque, allo stato attuale, non risultando ancora alcun pronunciamento ufficiale da parte del Ministero, resta il dubbio se la norma potrà applicarsi anche a queste ultime.
Nulla dice la legge in merito al caso in cui l’amministrazione finanziaria abbia (prima o dopo la dichiarazione di fallimento, oppure prima o dopo il decreto di ammissione a procedure concorsuali minori) notificato avvisi di irrogazione di sanzioni per omessi od insufficienti versamenti di IVA relativi ad annualità anteriori. In tali ipotesi, dovrebbe distinguersi tra la situazione di avvenuta impugnazione degli avvisi e quella opposta in cui l’accertamento sia divenuto definitivo. Infine dovrebbe distinguersi tra il caso in cui la pretesa dell’erario per sanzioni ed interessi sia stata ammessa al passivo del fallimento, divenuto esecutivo, e quello in cui ciò non sia ancora avvenuto.
Il silenzio della norma potrebbe condurre alla seguente interpretazione estensiva: tutte le sanzioni ed interessi relativi ad omessi versamenti IVA vanno “ope legis” stornati dallo stato passivo fallimentare, anche se il relativo credito è stato ammesso in base a definitività degli avvisi di irrogazione (per mancata impugnazione o per passaggio in giudicato della sentenza emessa in sede di contenzioso), qualora il curatore provveda al pagamento dell’imposta entro trenta giorni dalla data di esecutività del riparto di cui all’art 110 L.F.
Solo in tal caso, e senza bisogno di particolari formalità, lo stato passivo verrebbe ridotto alla sola sorte dell’imposta a suo tempo non versata.
In modo analogo potrebbe procedersi nel caso di concordato preventivo e di amministrazione controllata.
Sembra utile evidenziare l’imprecisione del legislatore nella previsione della decorrenza dei termini di pagamento, nel caso di fallimento, “dalla data di esecutività del piano di riparto di cui all’articolo 110 del regio decreto n. 267 del 1942”.
Poiché l’art. 110 L.F. disciplina i progetti di ripartizione parziali, deve ritenersi che la norma vada letta nel senso che i termini di pagamento decorrono “dalla data di esecutività dello specifico piano di riparto di cui all’art. 110 del regio decreto n. 267 del 1942 che prevede il pagamento dell’imposta”. Non sembra infatti ipotizzabile che i trenta giorni decorrano dal primo o da qualunque altro piano di riparto che non riguardi il suo pagamento (ad es., nel caso in cui questo preveda il solo pagamento ai creditori ipotecari ed ai creditori privilegiati di cui all’art. 2751 bis cod. civ.).
Nonostante qualche sbavatura, l’articolo di legge in questione non può che essere salutato con grande apprezzamento da parte degli addetti ai lavori, per tutte le positive implicazioni che potrà produrre, anche in termini di apertura di nuovi spiragli, per le imprese insolventi od in temporanea difficoltà di adempiere, per l’assoggettamento a procedure concorsuali minori.


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