Scuola
del Curatore
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"La verifica
de
passivo"
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di Emilio Norelli
La formazione e la verificazione dello stato passivo: le domande dei creditori, l’esame delle domande e l’adunanza dei creditori.

1.1.La “verifica del passivo” è quella fase della procedura fallimentare che tende ad accertare quali siano i creditori che hanno diritto di partecipare al concorso sul patrimonio del fallito, in quale misura (ossia per quali importi) e con quale rango (ossia se come creditori chirografari ovvero come privilegiati, e, in questo secondo caso, con quali prelazioni). Tale fase, secondo lo schema disegnato nella L.F., dovrebbe articolarsi in due distinte sotto-fasi: la “formazione dello stato passivo” e la “verificazione dello stato passivo”. Sinteticamente, lo svolgimento di queste due sotto-fasi è il seguente.
1.2. Adempimento preliminare alla formazione dello stato passivo è l’avviso che il curatore deve inviare ai creditori, a norma dell’art. 92 L.F., circa il giorno, l’ora ed il luogo, in cui si terrà l’adunanza per la verificazione dello stato passivo, ed il termine in cui i creditori debbono far pervenire in cancelleria le loro domande.
Questo avviso si fa con lettera raccomandata (semplice; non occorre, perché non è prescritto, l’avviso di ricevimento) e si fa a tutti i creditori, ossia a coloro che, in base alle scritture contabili del fallito ed alle altre notizie raccolte dal curatore, possono, a giudizio dello stesso curatore, vantare ragioni di credito verso il fallito.
Questo avviso non ha alcun valore di riconoscimento del credito, ma serve solo a sollecitare il destinatario a far valere le sue ragioni nel fallimento, mediante la domanda di ammissione al passivo.
L’art. 92 L.F. stabilisce che il curatore deve avvisare anche gli “altri interessati”: questi sono coloro che possono vantare diritti reali su cose mobili in possesso del fallito. Anche questi “interessati”, ove intendano far valere i loro diritti, sono tenuti a presentare una domanda, e precisamente, a norma dell’art. 103 L.F., una domanda di rivendicazione, restituzione o separazione di cose mobili, nello stesso termine e con le medesime modalità con cui vanno presentate le domande di ammissione al passivo.
1.3. Il procedimento (o sub-procedimento) di formazione dello stato passivo inizia con la presentazione delle domande di ammissione da parte di coloro che affermano di essere creditori del fallito e chiedono perciò di partecipare al concorso.
Principio generale è che possono essere inseriti nello stato passivo soltanto coloro che abbiano presentato domanda o, come altrimenti suol dirsi, si siano “insinuati” al passivo. Non vengono, quindi, presi in considerazione coloro che non hanno presentato domanda di ammissione, ai sensi dell’art. 93 L.F., anche se il curatore abbia riscontrato il loro credito nella contabilità del fallito o ritenga sussistente il loro credito in base ad altre notizie, di cui è venuto in possesso; in particolare, non possono essere presi in considerazione nemmeno coloro che hanno presentato istanza di fallimento, se poi non hanno presentato anche la domanda di ammissione (l’istanza di fallimento non equivale, quindi, alla domanda di ammissione).
Ciò vuol dire che vige in questo procedimento il “principio della domanda”, sancito nell’art. 99 cod. proc. civ. (“chi vuol far valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al giudice competente”): il creditore è libero di far valere o meno il suo diritto; se intende farlo valere,ha l’onere di presentare la domanda; il giudice, quindi, non può provvedere d’ufficio in assenza di una domanda dell’interessato.
1.4. Va precisato che non basta una qualsivoglia domanda, presentata ad un qualunque giudice: occorre che la domanda sia presentata nelle forme previste dall’art. 93 L.F. al giudice delegato del fallimento, nel quale si vuole far valere il credito.
Dunque, nessun credito può essere fatto valere nel fallimento, se non passa attraverso il “filtro” della verifica del passivo. Si parla, a questo proposito, di “obbligatorietà” della verifica del passivo: l’art. 52 L.F., infatti, stabilisce che ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione, deve essere accertato a norma degli artt. 93 e segg. L.F. Va detto, però, che non si tratta di un vero e proprio obbligo per il creditore, quanto di un onere, ossia di un comportamento doveroso per la realizzazione di un interesse dello stesso soggetto che vi è tenuto: per cui il soggetto è libero di tenere o meno il comportamento richiesto; ma se non lo tiene, il suo interesse non si realizza. Nel caso del fallimento, se la domanda non viene presentata come prescritto dalla legge, il creditore non è ammesso a partecipare al concorso.
A tale regola dell’obbligatorietà della verifica non sfuggono nemmeno i creditori, il cui credito sia già stato accertato, fuori del fallimento, con sentenza passata in giudicato o con altro provvedimento giudiziale che abbia efficacia di giudicato, che sia cioè incontestabile e irretrattabile (come, per es., il decreto ingiuntivo non opposto e dichiarato esecutivo ex art. 647 cod. proc. civ.)
1.5. La domanda assume la forma del ricorso, diretto al giudice delegato; essa, a norma dell’art. 93 L.F., deve contenere il cognome e il nome del creditore, l’indicazione della somma, del titolo da cui il credito deriva, delle ragioni di prelazione e dei documenti giustificativi.
È pacifico, poi, anche se la norma non lo dice, che la domanda deve essere firmata dal creditore personalmente o da un avvocato munito di procura.
Non è necessario il patrocinio di un avvocato (c.d. “difesa tecnica”), per cui la domanda può essere presentata e sot-toscritta personalmente dallo stesso creditore (trattandosi di una società, dal suo legale rappresentante); se, però, il creditore preferisce affidarsi ad un avvocato, costui deve essere munito di procura, a norma del  cod. proc. civ., ossia deve aver ricevuto, nelle forme previste, l’espresso incarico di rappresentare la parte nel procedimento. Proprio perché il ministero di un avvocato non è obbligatorio, la giurisprudenza ritiene che le spese relative non possano essere ammesse al passivo, in quanto superflue; si ammette solo l’importo della marca da bollo prescritta per la domanda.
Alla domanda il creditore ha l’onere di allegare i documenti giustificativi, i documenti, cioè, che dimostrano il suo credito e le eventuali prelazioni.
1.6. Le domande di ammissione al passivo e le domande di rivendica debbono essere depositate in cancelleria: l’art. 16, n. 4 L.F., prevede che la sentenza dichiarativa del fallimento stabilisce il termine per la presentazione delle domande in cancelleria; tale termine deve essere non maggiore di giorni trenta dall’affissione della sentenza. Si tratta, però, di un termine non perentorio: le domande possono essere presentate anche successivamente e perfino, come prevede l’art. 96 L.F., nel corso dell’adunanza di verifica dello stato passivo; il termine ultimo per la presentazione è dato, appunto, dalla chiusura dell’adunanza; dopo di che è ancora possibile presentare domande di ammissione al passivo e domande di rivendica, ma queste domande saranno domande tardive, soggette alla disciplina per esse dettate dalla L.F., in particolare nell’art. 101.
Le domande presentate prima dell’adunanza vengono raccolte dal cancelliere in due fascicoli distinti: quello delle insinuazioni e quello delle rivendiche.
Lo stesso cancelliere dovrebbe, poi, formare due distinti elenchi cronologici delle domande; spesso però tale adempimento viene omesso, data la gran mole di lavoro che incombe sulla cancelleria; talvolta, invece, ad esso provvede il curatore, come sarebbe sempre bene fare.
1.7. Gli elenchi e i fascicoli con le domande e i documenti allegati dovrebbero, quindi, essere trasmessi al giudice delegato; questi dovrebbe, fuori udienza, esaminare le domande, con l’assistenza del curatore e sentito il fallito, e, quindi, predisporre lo stato passivo e lo stato delle domande di rivendica.
Lo “stato passivo” è propriamente un documento in cui sono elencati tutti coloro che hanno presentato domanda di ammissione al passivo e sono riportati i provvedimenti che su ciascuna domanda il giudice delegato ritiene di adottare. Tali provvedimenti possono essere di tre tipi: a) ammissione al passivo; b) esclusione (totale o parziale); c) ammissione con riserva. Nello stato passivo sono, quindi, indicati, a fianco dei nominativi dei creditori: 1) in caso di ammissione, la somma per cui ciascuno è ammesso, e la collocazione: in via chirografaria oppure in via privilegiata, e, se in via privilegiata, la specie della prelazione (si dice - come è noto - chirografario il credito che non è assistito da alcuna prelazione; si dice, invece, comunemente, ammesso in privilegio o in via privilegiata, il credito cui si riconosce una causa legittima di prelazione: non solo privilegio - in senso proprio - ma anche pegno od ipoteca); 2) in caso di esclusione, i motivi della stessa; 3) in caso di ammissione con riserva, oltre alla somma, per cui è disposta l’ammissione, ed alla collocazione (in chirografo o in privilegio), la ragione della riserva.
Lo stato delle domande di rivendica è, invece, un documento in cui sono elencati tutti coloro che hanno presentato dette domande e sono riportati i provvedimenti di accoglimento o di rigetto adottati sulle stesse dal giudice delegato.
Lo stato passivo e lo stato delle domande di rivendica, così formati, dovrebbero, secondo la previsione dell’art. 95 L.F., essere depositati in cancelleria almeno tre giorni prima della data dell’adunanza dei creditori; tutti i creditori possono prenderne visione. Con il deposito in cancelleria ha termine la sotto-fase della formazione dello stato passivo e dello stato delle domande di rivendica.
1.8. La seconda sotto-fase, quella della verificazione di detti stati, si svolge nell’adunanza dei creditori, che ha luogo davanti al giudice delegato ed è da lui diretta. Questa sotto-fase consiste in un riesame dei provvedimenti dati dal giudice delegato e tende alla formazione definitiva dello stato passivo e dello stato delle domande di rivendica. Il giorno, l’ora e il luogo dell’adunanza sono fissati nella sentenza dichiarativa del fallimento. 
 Tale adunanza dovrebbe tenersi, a norma dell’art. 16, n. 5 L.F., nel termine massimo di 50 giorni dall’affissione della sentenza, ma detto termine non è perentorio e molto raramente viene osservato, dato il gran numero di fallimenti.
2.1. La distinzione della sotto-fase della formazione da quella della verificazione dello stato passivo e del parallelo stato delle domande di rivendica, che è molto netta nella disciplina della L.F., nella prassi corrente viene, però, del tutto disattesa. Infatti, per ragioni di speditezza e di economia processuale, le due sotto-fasi vengono unificate e concentrate nell’adunanza di verifica. 
Di solito, è solo in questa adunanza, e non prima, che il giudice delegato prende in esame le domande di ammissione e di rivendica e subito decide su di esse. 
Lo stato passivo e quello delle domande di rivendica si formano, quindi, direttamente nell’adunanza e vengono contestualmente verificati.
2.2. All’adunanza possono partecipare tutti coloro che hanno presentato le domande o che le presentano all’adunanza stessa; l’art. 96 L.F. stabilisce che deve essere presente il curatore e deve intervenire anche il fallito.
La partecipazione dei creditori è facoltativa: vengono esaminate tutte le domande, anche quelle dei creditori assenti; per cui, una volta che abbia presentato la domanda, non è necessario che il singolo creditore sia presente e dia un ulteriore impulso, perché egli possa essere ammesso; il giudice delegato, nell’adunanza, provvede d’ufficio su tutte le domande presentate. 
Ciascun creditore può produrre documenti a sostegno delle proprie ragioni, e si ritiene che egli possa non solo integrare i documenti già allegati alla domanda o depositati in cancelleria successivamente alla presentazione della domanda, ma prima dell’adunanza, ossia produrre documenti ulteriori, ma possa anche produrre soltanto in questo momento tutti i documenti giustificativi del suo credito: in effetti, se è possibile la presentazione di nuove domande nel corso dell’adunanza, deve ritenersi altresì possibile, nel corso dell’adunanza, la produzione dei documenti a corredo delle domande già presentate. 
Ciascun creditore, poi, può fare deduzioni a proprio favore e può fare osservazioni e contestazioni sulle domande altrui.
2.3. Il fallito (o il legale rappresentante della società fallita) deve intervenire all’adunanza, allo scopo di fornire al giudice delegato informazioni e chiarimenti. Il suo intervento, però, non è proprio indispensabile, e dunque, se ne può anche fare a meno, tanto è vero che la sua assenza non è in alcun modo sanzionata. Tuttavia, il giudice delegato, ove ritenga necessario sentirlo, può sempre ordinare la sua comparizione personale e, ove il fallito non si presenti, può farlo accompagnare dalla forza pubblica, a norma dell’art. 49 L.F. (la mancata comparizione per di più è reato sanzionato dall’art. 220 L.F.).
2.4. Il curatore, invece, deve essere necessariamente presente all’adunanza: la sua presenza è indispensabile, perché egli deve assistere il giudice delegato nell’esame delle domande. Di “assistenza” del curatore parla l’art. 95 L.F. a proposito della formazione dello stato passivo prima dell’adunanza; ma poiché nella prassi corrente lo stato passivo si forma come abbiamo visto direttamente nell’adunanza, è solo in questa sede che il curatore deve prestare tutta la sua opera di “assistenza”. In che cosa consiste questa assistenza? Consiste nel fornire al giudice delegato elementi di conoscenza e di valutazione circa i crediti, dei quali è chiesta l’ammissione al passivo, ovvero circa i diritti reali mobiliari, dei quali è chiesto il riconoscimento. Questo presuppone che il curatore abbia, prima dell’adunanza, svolto un’adeguata attività preparatoria, senza la quale egli non sarebbe in grado di fornire al giudice delegato alcun elemento di conoscenza e di valutazione.
Questa attività preparatoria si svolge in due direzioni:
a) da un lato, si tratta di esaminare attentamente le domande di ammissione e di rivendica presentate e i documenti ad esse allegati;
b) dall’altro lato, si tratta di raccogliere informazioni circa i crediti e i diritti reali mobiliari, che si vogliono far valere nel fallimento, attraverso l’esame delle scritture contabili del fallito, se queste sono state depositate in cancelleria o comunque messe a disposizione del curatore, attraverso l’esame di altre carte del fallito, comunque pervenute al curatore, ovvero da altre fonti.
Quali possono essere le altre fonti, da cui attingere informazioni? Si possono segnalare: il fascicolo delle istanze di fallimento (cd. “fascicolo prefallimentare”, ove sono contenuti le istanze di fallimento, i documenti ad esse allegati, le informative della polizia giudiziaria, i verbali delle udienze dinanzi al giudice delegato all’ istruttoria), la corrispondenza (indirizzata al fallito, che deve essere consegnata al curatore), il registro delle imprese (prima che questo fosse attuato, il registro delle società), i registri immobiliari, i registri degli uffici esecuzioni delle cancellerie del tribunale e della pretura, il bollettino dei protesti, e poi lo stesso fallito (o l’amministratore della società fallita), che è sempre opportuno sia sentito dal curatore prima dell’adunanza di verifica (dell’audizione è necessario sia redatto apposito verbale).
Ma quali sono le informazioni rilevanti ai fini della verifica?
Sono quelle concernenti sia i fatti costitutivi sia i fatti estintivi, modificativi od impeditivi dei crediti, di cui si chiede l’ammissione al passivo, delle prelazioni, che eventualmente li assistono, ovvero dei diritti reali mobiliari, di cui si chiede il riconoscimento. Il curatore, cioè, deve raccogliere e riferire al g.d. elementi di conoscenza e di valutazione sia sulle ragioni che possono indurre il giudice delegato ad accogliere le domande, quindi a favore dei creditori e dei rivendicanti, sia sulle ragioni di segno contrario, che, invece, possono indurre il giudice delegato a rigettare le domande, dunque contro le pretese di coloro che hanno presentato le domande.
Infatti, il curatore, proprio perché deve assistere il giudice delegato, non assume nella verifica del passivo la veste di parte, che si contrappone ai creditori, ma assume il ruolo di collaboratore, di ausiliare del giudice delegato, e come tale egli deve svolgere la sua funzione con obiettività ed imparzialità.
Lo scopo della verifica, che deve essere perseguito anche attraverso la collaborazione del curatore, non è quello di ammettere o di escludere quanti più creditori è possibile, ma è quello di ammettere al passivo tutti quelli che hanno effettivamente diritto di partecipare al concorso e di ammetterli nell’esatta misura e con il rango che effettivamente compete a ciascuno, e di escludere tutti quelli non hanno il diritto di partecipare al concorso, o perché il loro diritto non è sorto, o perché si è estinto, o perché non può essere fatto valere nel fallimento nei confronti degli altri creditori. 
A questo scopo, va, quindi, data al giudice delegato un’informazione il più possibile completa, precisa ed imparziale sulle varie posizioni, che egli deve vagliare nel provvedere sulle domande degli interessati.
 


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