L'ESPERTO RISPONDE


Quesito: ho scoperto, purtroppo con un certo ritardo, che un immobile che mi interessava era già andato all’asta, ma che il giudice non aveva ancora emesso il decreto di trasferimento. Allora ho presentato un’offerta più alta del 25% rispetto al prezzo di aggiudicazione, ma il giudice l’ha respinta perché risultava già scaduto il termine per presentare le offerte in aumento di sesto. Non è un provvedimento contrario all’interesse dei creditori al raggiungimento del prezzo più alto?

Il quesito del cortese lettore pone in evidenza un aspetto del codice di procedura civile, in materia di esecuzioni immobiliari, ma applicabile anche alle vendite immobiliari, che, per più versi, appare contraddittorio: tutto il meccanismo della vendita all’asta, tende a conseguire il prezzo più alto ; l’aggiudicazione, all’esito dell’incanto, si considera “provvisoria” in attesa della scadenza del termine di dieci giorni per le eventuali offerte in aumento di sesto (17% circa) ; il giudice ha facoltà di rifiutare l’emissione del decreto di trasferimento del bene se ritiene che il prezzo raggiunto a seguito della gara sia notevolmente inferiore al giusto valore . Però il codice di rito non spiega come rendere compatibili, da una parte, la scadenza del termine per presentare l’offerta in aumento di sesto e, dall’altra parte, la facoltà del giudice di negare il decreto di trasferimento quando la notizia della notevole sproporzione del prezzo di aggiudicazione gli pervenga attraverso un’offerta sensibilmente migliorativa depositata successivamente alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte in aumento di sesto.
Un esempio gioverà a far comprendere meglio il caso proposto dal cortese lettore.
L’asta per la vendita dell’immobile del debitore Tizio, si conclude in favore di Caio per il prezzo di Euro 100,00. Si tratta di un’aggiudicazione provvisoria perché, dal giorno dell’aggiudicazione, decorrono i dieci giorni che permettono a chiunque, tranne il debitore, di presentare una nuova offerta che, però, potrà essere presa in considerazione solo se sarà superiore di almeno un sesto (16,66 %) rispetto al prezzo dell’aggiudicazione provvisoria. Se nessuno presenterà un’offerta in aumento di almeno un sesto, l’aggiudicazione, da provvisoria che era, diventerà definitiva e vi sarà un solo caso in cui il giudice potrà rifiutare di emettere, in favore dell’aggiudicatario, il decreto di trasferimento: constatare che il prezzo di aggiudicazione è notevolmente inferiore a quello giusto. Se, dopo la scadenza del termine per presentare offerte in aumento di sesto, perviene un’offerta sensibilmente superiore, potrà il giudice avvalersi della facoltà di negare l’emissione del decreto di trasferimento e di riaprire la gara?
La risposta della Suprema Corte di Cassazione è sin qui stata, in linea di massima, positiva,  ma occorre precisare che la condizione alla quale è possibile far riaprire una gara, nonostante che l’aggiudicazione si sia consolidata per mancata presentazione dell’offerta in aumento di sesto, passa attraverso un elemento di valutazione strettamente discrezionale. Infatti, la nuova offerta deve dimostrare che il prezzo di aggiudicazione è notevolmente inferiore a quello giusto.
Che questa nuova offerta debba essere superiore del 17% al prezzo di aggiudicazione, è sin troppo ovvio: se questo fosse il suo limite, il giudice dovrebbe rigettare la nuova offerta per essere tardiva rispetto alla scadenza del termine per proporre le offerte in aumento di sesto.
Il parametro per individuare il livello cui far giungere l’offerta tardiva, deve quindi essere ricercato non già rispetto al prezzo di aggiudicazione, bensì rispetto a questo maggiorato di un sesto. In breve: la nuova offerta deve essere tale da sfuggire alla sanzione di tardività rispetto all’offerta in aumento di sesto e tale da dimostrare che il prezzo di aggiudicazione è notevolmente inferiore a quello giusto.
Alla ricerca di questo parametro, quindi, occorre prendere il prezzo di aggiudicazione e migliorarlo del 16,66%: questo sarà il prezzo base da cui partire per dimostrare l’ingiustizia del prezzo di aggiudicazione.
Il livello di miglioramento, poi, va ricercato nell’ambito di quelle fattispecie in cui, secondo il legislatore, un contratto può essere invalidato.
Tra queste si rinviene il caso dell’erede che, a seguito della divisione dell’asse ereditario, abbia ricevuto una quota inferiore di oltre il 25% rispetto a quella di altri condividenti . In questo caso egli può chiedere la rescissione della divisione.
E’ questo il limite minimo che si rinviene in tutto il codice civile per sciogliere i rapporti di scambio.
Può dirsi, pertanto, che occorrerà migliorare il prezzo di aggiudicazione, che già avevamo aumentato del 17% (16,66%), di un altro 25% almeno onde manifestare al giudice dell’esecuzione la sproporzione del prezzo di aggiudicazione. Così, se questo sarà pari ad Euro 100,00, l’offerta in aumento di sesto avrebbe dovuto attestarsi a 117,00. Migliorando tale prezzo del 25%, si avrà un’offerta tardiva pari a 146,25.
Possiamo quindi concludere che, nel caso in cui il termine per la presentazione di offerte in aumento di sesto sia scaduto ed il decreto di trasferimento non sia stato ancora emesso, si potrà ottenere l’apertura di una nuova gara se si presenterà al giudice un offerta migliorativa di almeno il 46,25% rispetto al prezzo di aggiudicazione onde dimostrare la notevole sproporzione che, legittimamente, impedisce l’emissione del decreto di trasferimento.