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LA GARA A SEGUITO DELL’AUMENTO DI SESTO

 
 

La gara tra coloro che hanno deciso di parteciparvi al fine di vedersi aggiudicato un bene immobile posto all’asta nell’ambito di una vendita coattiva giudiziaria, si conclude con l’aggiudicazione al concorrente che ha presentato l’offerta più alta.

Tale aggiudicazione, però, non ha carattere definitivo perché la legge prevede che, terminato l’incanto, vi sia la possibilità di presentare ulteriori offerte nel termine di dieci giorni.
Queste offerte possono essere prese in considerazione dal giudice che procede alla vendita solo se il prezzo indicato risulti superiore di oltre un sesto a quello raggiunto al termine dell’incanto. L’offerta in aumento di sesto deve essere presentata nelle stesse forme previste per la partecipazione all’incanto e della sua presentazione il cancelliere deve dare apposita pubblicità.
Così è stabilito dall’art. 584 del codice di procedura civile (c.p.c.) per le vendite nell’ambito delle esecuzioni individuali ed altrettanto è applicabile in sede fallimentare per l’espresso richiamo alle regole del codice di rito che fa l’art. 105 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267 (cosiddetta Legge Fallimentare – L.F.) trattando della liquidazione dei beni immobili acquisiti all’attivo fallimentare.
Una volta stabilito che aumentare in misura superiore di un sesto il prezzo raggiunto in sede di incanto, significa presentare un offerta superiore di almeno il 17 per cento, potrebbe sembrare che la norma in esame non presenti ulteriori questioni, ma non è così.
In effetti, una certa incertezza terminologica, ha lasciato spazio al sorgere di alcune questioni.
Addirittura vi è stato chi, sia pure in tempi non recenti, ha dubitato che si debba far luogo alla gara  nel caso di presentazione di una sola offerta in aumento di sesto, potendosi, invece, far luogo direttamente all’aggiudicazione in suo favore perché questa si presenta come l’ultima del complesso procedimento di aggiudicazione.
Tale opinione, tuttavia, è rimasta isolata ritenendosi ormai pacifico che, pervenuta l’offerta in aumento di sesto, l’aggiudicatario provvisorio debba essere avvertito per contrastarla in un apposita ulteriore gara.
Ma a questo punto si innesta un ulteriore questione: se le offerte in aumento di sesto determinano l’apertura di una nuova gara, chi potrà parteciparvi? Solo coloro che hanno aumentato di un sesto il prezzo in contrapposizione all’aggiudicatario provvisorio, oppure tutti i potenziali interessati, facendosi così luogo ad un nuovo incanto identico al primo, ma con base d’asta aumentata e già munito di un potenziale aggiudicatario definitivo? E coloro che sono usciti sconfitti nel primo incanto, sono ammessi a partecipare alla gara apertasi a seguito delle offerte in aumento di sesto?
Il panorama giurisprudenziale e dottrinario non dà una risposta uniforme.
Secondo la Suprema Corte di Cassazione, la gara dovrebbe essere limitata ai soli offerenti l’aumento di sesto ed all’aggiudicatario provvisorio, ritenendosi che la possibilità di presentare nuove offerte al termine dell’incanto non costituisce un procedimento autonomo, ma un impulso ulteriore all’iter procedimentale cominciato con l’ordinanza che ha disposto la vendita dell’immobile all’incanto.
Invece gran parte della giurisprudenza di merito e parte della dottrina sono per la tesi ampliativa, cioè per la maggiore partecipazione dei soggetti che possono partecipare alla nuova gara.
Tale tesi trae spunto dal disposto del secondo comma dell’art. 584 c.p.c., laddove si legge che, una volta pervenute, nei dieci giorni successivi alla conclusione dell’incanto, nuove offerte in aumento di sesto,: “…prima di procedere alla gara di cui all’art. 573, il cancelliere dà pubblico avviso dell’offerta più alta a norma dell’art. 570.”.
In tale dicitura, e soprattutto nella previsione del “pubblico avviso” cui è chiamato a provvedere il cancelliere, si legge l’intento del legislatore di sollecitare qualunque potenziale acquirente ad un rinnovato interesse per il bene posto in vendita onde pervenirsi ad una gara tra il maggior numero di offerenti possibile. Ciò nell’intento di realizzare il prezzo più elevato che costituisce lo scopo primario delle vendite coattive giudiziali.
In effetti, in mancanza di un espresso divieto, non si vede perché fornire un’interpretazione restrittiva dell’art. 584 c.p.c. e limitare il numero dei partecipanti alla gara in aumento di sesto. Tanto più che altri elementi militano per una gara più aperta.
Il secondo comma dell’art. 584 c.p.c., infatti, richiama esplicitamente il precedente art. 571 il quale, a sua volta, esordisce affermando che: “Ognuno, tranne il debitore, è ammesso a offrire per l’acquisto dell’immobile pignorato…” rendendo così manifesto che l’intento del legislatore è proprio quello del massimo numero di partecipanti, sul presupposto che, quanti più offerenti partecipano alla gara, tanto maggiore sarà il prezzo di aggiudicazione e tanto maggiore sarà, in definitiva, la soddisfazione dei creditori in favore dei quali la vendita è stata promossa.
Come si è appena osservato, l’unica limitazione posta dal legislatore consiste nel vietare al solo debitore di partecipare alla gara, cosicché appare incomprensibile l’indirizzo della Suprema Corte di Cassazione che impedisce la partecipazione alla gara in aumento di sesto, addirittura, a coloro che sono usciti sconfitti dall’incanto e che possono avere un ripensamento, anche tardivo, ma in ogni caso favorevole al raggiungimento del maggior numero di concorrenti.
Rileggendo le pronunce del Supremo Collegio in argomento, si scopre che la tesi più restrittiva viene perseguita perché si ritiene che manchino esplicite disposizioni per addivenirsi ad una nuova gara aperta a tutti gli interessati, ma in tal modo sembra che si  invertano i termini della questione.
L’art. 584 c.p.c., infatti, sia pure nella sua terminologia imprecisa, non dà alcuna indicazione per una gara ristretta e, pertanto, un’esplicita disposizione dovrebbe esistere per arginare la naturale propensione della gara verso il maggior numero di partecipanti, non il contrario.
Né argomenti per impedire la partecipazione degli sconfitti al primo incanto alla nuova gara aperta dall’aumento di sesto può desumersi proprio dall’essere rimasti battuti nel primo incanto. Una pausa di riflessione, infatti, può far maturare questi interessati verso un rilancio non inferiore al sesto del prezzo dell’aggiudicazione provvisoria e perdere una simile opportunità, in assenza di un esplicito divieto del legislatore, appare ingiustificato, avendo riguardo alla posizione dei creditori nel cui interesse la vendita viene bandita.
Del resto, per superare l’ostacolo frapposto dalla Suprema Corte di Cassazione, ben potrebbe osservarsi che, seppure manca una disposizione che autorizzi gli sconfitti a presentare offerte in aumento di sesto, ovvero a partecipare alla gara che si riapre a seguito della presentazione di tali offerte, neppure si rinviene una disposizione che vieti loro una simile iniziativa.
Tali conclusioni, peraltro, possono trovare ancora più agevole applicazione in sede di asta fallimentare, un procedimento, come più sopra si ricordava, disciplinato dall’art. 105 L.F. con un richiamo generale alle regole fissate per le vendite immobiliari nelle esecuzioni individuali dal codice di rito, ma applicabili alla procedura concorsuale solo: “…in quanto compatibili”.
La natura pubblicistica dei fallimenti non permette un integrale trasporto delle regole delle esecuzioni individuali alla sede fallimentare: così, ad esempio, non si applica, nel fallimento, l’assegnazione dei beni pignorati (qui deve dirsi: acquisiti alla massa attiva fallimentare) ai creditori; non si applicano, inoltre, le disposizioni che prevedono la fissazione di un’udienza pel’audizione delle parti.
In ambito fallimentare, pertanto, sarebbe più facile prevedere che, al termine dell’incanto, tutti (l’ognuno dell’art. 571 c.p.c.), tranne il fallito, possano presentare offerte in aumento di sesto, dando così luogo ad una nuova gara alla quale chiunque potrebbe partecipare ripetendosi esattamente un nuovo incanto che sarebbe diverso dal primo solo per due elementi: la base d’asta, corrispondente al prezzo offerto in aumento di sesto, e la definitività dell’aggiudicazione, non essendo prevista la possibilità di ulteriori aumenti al termine della gara.

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