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DECRETO DI TRASFERIMENTO: SONO POSSIBILI RETTIFICHE E INTEGRAZIONI?

 
 

Quesito: Ho acquistato un immobile ad un’asta fallimentare e, tempo dopo, ho chiesto un mutuo fondiario venendo a sapere che non può essermi concesso perché, con il decreto di trasferimento, non sono state disposte le cancellazioni delle ipoteche e dei pignoramenti come previsto per legge. Mi sono rivolto al tribunale fallimentare ma mi è stato risposto che il fallimento è stato chiuso ed il curatore è, addirittura, deceduto. Come ottenere, adesso, la cancellazione dei pesi che gravano sull’immobile e che non dovrebbero più esserci?

 

La legge è fatta per disciplinare gli atti ed i comportamenti ma, normalmente, non si preoccupa dei rimedi per una sua errata applicazione e di ciò si ha conferma in occasione del quesito proposto dal cortese lettore: la legge processuale italiana, applicabile anche al fallimento per l’espresso richiamo che ad essa fa l’art. 105 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267 (cosiddetta Legge Fallimentare – L.F.) in tema di liquidazione dei beni acquisiti alla massa attiva fallimentare, dispone, all’art. 586 c.p.c., che, con il decreto di trasferimento, il giudice dell’esecuzione (ovvero il giudice delegato al fallimento) ordina che il conservatore dei registri immobiliari, con esonero da ogni sua responsabilità, cancelli le iscrizioni ipotecarie e le trascrizioni dei pignoramenti che gravano sull’immobile aggiudicato a seguito di pubblico incanto, ma nulla dispone circa i modi di integrazione del decreto di trasferimento carente di alcuni suoi fondamentali elementi.
Fintanto che il fallimento è aperto, è sicuramente ammissibile l’istituto della “rettifica” del decreto di trasferimento ed altrettanto appare sempre possibile in relazione alle vendite eseguite in sede di procedura esecutiva individuale. La sezione del tribunale deputata alle esecuzioni individuali immobiliari, infatti, è dotata di stabilità di organizzazione e continuità di azione, cosicché appare sempre possibile ricorrere ad essa per integrare le omissioni, ovvero correggere gli errori materiali da cui sia affetto il decreto di trasferimento. Diverso è, invece, il caso della procedura fallimentare, perché essa è dotata di propri organi di direzione e di gestione, che si identificano, rispettivamente, con il giudice delegato e con il curatore fallimentare, i quali, ai sensi dell’art. 121 L.F., decadono con la chiusura del fallimento cessando, contemporaneamente, gli effetti del fallimento stesso sul patrimonio del fallito.
Risulta, pertanto, effettivamente problematico individuare il soggetto che, in sede fallimentare e dopo la chiusura del fallimento, possa essere investito della legittima richiesta, da parte dell’acquirente, di rettifica di un decreto di trasferimento palesemente carente di un requisito previsto dalla legge (art. 586 c.p.c.) quale l’ordine di cancellazione delle iscrizioni ipotecarie e delle trascrizioni dei pignoramenti.
In un caso così vago, la fantasia dell’interprete può spaziare e le indicazioni che seguono non possono avere, quindi, alcun valore esaustivo, ben potendosi individuare itinerari differenti. Un’ulteriore avvertenza va fatta: i suggerimenti che qui di seguito vengono formulati, richiedono la partecipazione attiva di privati o di organi giurisdizionali in compiti non espressamente previsti dalla legge, cosicché essi non sono affatto tenuti ad adempierli, essendo invece compito dell’interessato proporre e, se si vuole, “inventare”, soluzioni giuridiche idonee allo scopo che vuole perseguire, ben potendo, i privati e gli organi giudiziari, limitarsi a motivare l’inammissibilità della richiesta ritenuta errata senza dover anche indicare, loro, metodi alternativi ritenuti più adatti alla bisogna.
Un’ultima avvertenza deve poi essere fatta: i costi dell’attività di purgazione dell’immobile dalle ipoteche e dalle trascrizioni dei pignoramenti, non potrà che ricadere, in via immediata, sull’aggiudicatario il quale dovrà così scontare la negligenza nel controllo degli atti ai quali aveva il massimo interesse. Solo successivamente potrà tentare la strada del risarcimento del danno individuando la legittimazione passiva del responsabile nel curatore (o sui suoi eredi, come nel caso che intrattiene), ovvero sul Ministero della giustizia in via alternativa o cumulativa.
Ciò premesso, può procedersi all’analisi di tre delle possibili soluzioni che il quesito del nostro lettore sollecita.
1) – Consenso spintaneamente prestato degli aventi diritto – Il meccanismo che si propone muove dal presupposto che le iscrizioni ipotecarie possono essere cancellate per consenso dell’avente diritto. Dispone, infatti, l’art. 2882 cod. civ. che la cancellazione consentita dalle parti interessate deve essere eseguita dal conservatore in seguito a presentazione dell’atto contenente il consenso del creditore, espresso con sottoscrizione autenticata. Quindi un creditore ipotecario minimamente esperto non dovrebbe avere difficoltà a consentire la cancellazione dell’ipoteca rimasta illegittimamente accesa sull’immobile subastato: certamente una banca, ovvero un creditore adeguatamente assistito da un legale, se tenuti indenni dai relativi costi, di autenticazione della firma ed altro (di qui l’avverbio “spintaneamente”), non dovrebbero avere difficoltà a prestare il loro consenso, anche se rimasti insufficientemente soddisfatti dalla procedura fallimentare. Di poco diverso è il procedimento per la cancellazione del pignoramento. Sebbene anche per le trascrizioni l’art. 2668 c.c., con disposizione analoga alla precedente citata, stabilisca che la cancellazione si esegue quando è debitamente consentita dalle parti interessate, la natura giudiziale del pignoramento comporta che la sua cancellazione debba essere autorizzata dal giudice dell’esecuzione, anche per la tutela dei creditori eventualmente intervenuti nella procedura esecutiva. A questo organo permanente, dunque, ci si potrebbe rivolgere per ottenere il provvedimento di cancellazione della trascrizione del pignoramento.
Quella appena descritta è una soluzione, per così dire, “privatistica”, che lascia intatto il decreto di trasferimento incompleto e tende a non coinvolgere il tribunale fallimentare, sicuramente destabilizzato dalla mancanza dei suoi organi competenti, conseguita alla loro decadenza giuridica per sopravvenuta chiusura della procedura.
2) – Nomina di un curatore speciale al fallimento – In alternativa, si potrebbe ricorrere al tribunale fallimentare invocando l’applicazione del procedimento previsto dagli artt. 287-289 c.p.c. per la correzione dei provvedimenti giurisdizionali. Tale procedimento, infatti, è espressamente previsto per integrare le omissioni od emendare gli errori materiali o di calcolo in cui sia incorso il provvedimento di un giudice. Il problema è che la correzione va eseguita dallo stesso giudice che ha emesso il provvedimento e nel contraddittorio tra tutte le parti interessate. Orbene, seppure la figura del giudice delegato potrebbe essere intesa non in senso personalistico, come persona fisica che ha emesso il decreto di trasferimento, bensì come “ufficio”, per modo che a lui, in senso fisico, se ancora presente presso il tribunale fallimentare, ovvero a colui che lo abbia successivamente sostituito, potrebbe farsi ricorso, rimane il problema del contraddittorio con il curatore fallimentare il quale, anche se ancora in vita, a differenza del caso che intrattiene, sarebbe veramente e propriamente assente nel senso giuridico del termine in quanto decaduto, sia come persona fisica, che come “ufficio”, con la chiusura del fallimento per l’espressa previsione dell’art. 121 L.F.. Qui si apre un dilemma: non sempre, alla chiusura del fallimento, segue la scomparsa del soggetto fallito. Così, ad esempio, se è fallita una persona fisica, questa potrà ancora essere rintracciata affinché partecipi al procedimento di correzione, mentre, in caso di persona giuridica, questa potrebbe aver ripreso la sua attività, come, ad esempio, nel caso in cui il fallimento si sia chiuso per mancanza di passivo. Ma poniamo il caso del fallimento della persona giuridica di cui tutti si siano disinteressati dopo la chiusura del fallimento e che, addirittura, sia stata cancellata dal registro delle imprese istituito presso la Camera di commercio.
Per ovviare a questa assenza, potrebbe farsi ricorso al disposto dell’art. 78 c.p.c. il quale prevede che, quando manca la persona cui spetta la rappresentanza, può essere nominato, all’incapace ovvero alla persona giuridica, un curatore speciale che la rappresenti ed assista finché subentri colui al quale spetta la rappresentanza o l’assistenza. Evidentemente la nomina del curatore speciale dovrebbe precedere il procedimento di correzione del decreto di trasferimento.
3) – Procedimento di liberazione dalle ipoteche – Ferma restando la possibilità del ricorso al giudice dell’esecuzione individuale per ottenere il provvedimento di cancellazione della trascrizione del pignoramento, come descritto nel primo suggerimento che precede, la cancellazione delle ipoteche, in presenza di creditori riottosi a consentire, anche spintaneamente, la cancellazione del vincolo, potrebbe essere superata con il procedimento di liberazione degli immobili dalle ipoteche disciplinato dagli artt. 792 e segg. c.p.c.. Si tratta, per vero, di un procedimento che inizia con il ricorso al presidente del tribunale competente per l’espropriazione al quale si chiede la determinazione dei modi di deposito del prezzo offerto per liberare l’immobile dalle ipoteche. Nella specie, invece, il presupposto è che il creditore ipotecario sia già stato soddisfatto del suo credito, non importa se interamente o parzialmente, in sede di procedura fallimentare, cosicché questo procedimento dovrebbe essere adattato alla particolare situazione appena descritta e che dovrebbe essere, ovviamente, adeguatamente dimostrata al fine di ottenere, dal presidente del tribunale, un provvedimento idoneo a superare il rifiuto del creditore alla cancellazione della garanzia reale che assiste un credito ormai non più sussistente.
Le tre soluzioni che precedono sono state presentate in ordine di difficoltà e, forse, anche di costi al fine di adeguare l’azione alla gravità degli ostacoli che possono presentarsi nel tentativo di superare un problema nel quale può incorrersi più spesso di quanto si creda. Il caso del cortese lettore riguarda tutte le ipoteche ed i pignoramenti e, quindi, costituisce un vero e proprio errore di inesperienza da parte del curatore che, di fatto, ha provveduto materialmente all’incompleta redazione del decreto di trasferimento, ma vi sono casi in cui anche a curatori esperti (così come ai notai) un’iscrizione ipotecaria, ovvero una trascrizione pregiudizievole, può sfuggire nell’esame dei registri immobiliari. In presenza di tutti i soggetti interessati, la soluzione della rettifica è pratica ed i costi, normalmente, se li assume, con lealtà, colui che ha sbagliato, ma, con i fallimenti, la decadenza degli organi, a seguito della chiusura della procedura, solleva questioni veramente particolari, cui la legge di riforma che si attende potrebbe dedicare un minimo di attenzione. Ciò consentirebbe la migliore tutela di coloro che entrano in un tribunale per compiere un’operazione che, sia pure di natura speculativa, qual è la vendita coattiva immobiliare, è di certo, legalmente, quanto di meglio si sia inventato nei secoli per assicurare il recupero dei crediti. L’acquirente all’asta non va quindi né visto, né trattato come lo Shylock del Mercante di Venezia, ma come colui che aiuta la giustizia a rendere un servizio all’economia ed, in ogni caso, egli, quale utente del tribunale, ha il diritto di trovare una soluzione normativa a fronte degli errori, sempre possibili, e, comunque da mettere in conto, nei quali possono incorrere gli operatori della giustizia.

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