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UN’ATTESISSIMA RIFORMA IN CORSO PER CHI VUOLE ACQUISTARE UN IMMOBILE

 
 

Da decenni, uno dei massimi problemi che affliggono il mercato immobiliare, è dato dal meccanismo normativo del credito fondiario che, ottenuto dal costruttore non appena acquisita l’area edificabile, estende la garanzia ipotecaria anche all’intero fabbricato che vi verrà successivamente costruito, senza alcuna iniziale distinzione tra i vari appartamenti, cosicché, l’acquirente di una singola unità immobiliare, si accolla la garanzia del pagamento dell’intero mutuo senza poterla limitare alla sua porzione sino a quando non venga eseguito il frazionamento.

La sintesi che precede vale solo a presentare il problema che merita di essere meglio descritto anche per l’importanza sociale che ha assunto.
L’art. 47 della Costituzione, al secondo comma, stabilisce, tra l’altro, che la Repubblica italiana: “Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, …” e questa enunciazione convergeva, confermandola, con la precedente previsione normativa sul “credito fondiario” già riassunta nel Testo Unico (T.U.) di cui alla Legge 16 luglio 1905 n. 646. Questa particolare forma di mutuo, che per lungo tempo è stata riservata alle sezioni specializzate di pochissime banche e che è stata liberalizzata a favore di tutto il sistema bancario solo con il varo del T.U. 01.09.1993 n. 385 (il recente testo unico in materia bancaria e creditizia), si distingue dagli altri mutui perché ha ad oggetto la concessione, da parte delle banche, di finanziamenti a medio e a lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili. Tali finanziamenti sono ormai caratterizzati dall’irrilevanza dello scopo e dalla libertà delle parti nella scelta degli strumenti contrattuali con i quali realizzare il finanziamento, purché siano idonei a rivestire le caratteristiche richieste dall’art. 38 del T.U. da ultimo citato.
Peraltro, proprio la previsione della garanzia ipotecaria di primo grado, il consolidamento di detta garanzia in soli 10 giorni dall’iscrizione dell’ipoteca (anziché in uno o due anni, come avviene per le altre garanzie ipotecarie)  e l’insensibilità di tale garanzia all’eventuale insolvenza in cui possa venire successivamente a versare il mutuatario, determinano, per il mutuo fondiario, il minore dei tassi di interesse reperibili sul mercato finanziario, con ciò volendosi realizzare proprio quella propensione del legislatore costituente per l’accesso del risparmio popolare all’acquisto della casa di abitazione cui più sopra si è fatto cenno.
A queste buone intenzioni, tuttavia, una serie di regole a tutela degli investimenti bancari, del diritto di proprietà, nonché la disciplina codicistica dell’ipoteca, hanno fatto corrispondere, in concreto, un meccanismo che, spesso, è di vero e proprio stritolamento del risparmio delle famiglie che accedono alla proprietà della casa di abitazione e, più in generale, di chiunque voglia acquistare un immobile gravato da mutuo fondiario.
Il caso tipico è quello del costruttore che, ottenuta la proprietà del terreno, chieda il mutuo fondiario per costruire un fabbricato costituito da una serie di, poniamo, dieci appartamenti: egli si rivolge ad un istituto bancario il quale concederà il mutuo fondiario, in ipotesi, per un milione di Euro, iscrivendo ipoteca sul terreno per il doppio (a volte il triplo) del capitale mutuato a garanzia non solo del suo rimborso, ma anche degli interessi convenuti nel contratto di mutuo, degli interessi di mora e delle spese, sia di accensione dell’ipoteca, che di eventuale futuro recupero del credito.
In virtù di questa erogazione, il costruttore inizia l’attività di edificazione e, contemporaneamente, inizia anche l’offerta al pubblico (cosiddetta: “sulla carta”) dei dieci appartamenti in corso di costruzione. In questa fase, il mutuo grava ancora tutto sul costruttore che sarà tenuto personalmente e direttamente a rispettare il pagamento delle singole rate previste dal contratto con scadenza, poniamo, semestrale . Coloro che si interessano all’acquisto di uno degli appartamenti, possono, pertanto, scegliere quanta parte del prezzo convenuto intendono pagare mediante accollo del mutuo fondiario: quel mutuo, erogato complessivamente per un milione di Euro al costruttore e garantito da ipoteca per due milioni di Euro, grava, infatti, non solo sul terreno, ma anche su tutto, indistintamente, il fabbricato in corso di costruzione per la previsione dell’art. 2811 cod. civ. (c.c.) il quale recita: “L’ipoteca si estende ai miglioramenti, nonché alle costruzioni e alle altre accessioni dell’immobile ipotecato…”. E’ ben vero che, nel contratto tra il costruttore e l’interessato all’acquisto di una singola porzione immobiliare, sarà previsto che, quest’ultimo, si accollerà, poniamo, solo 120.000,00 Euro del mutuo originario di un milione, ma è altrettanto vero che, corrispondendo per contanti il residuo prezzo, l’interessato compra un appartamento che contribuisce a garantire il rimborso dell’intero mutuo sino alla concorrenza del valore ipotecario di 2 milioni di Euro. In pratica, l’accordo tra il costruttore e l’acquirente volto a limitare ad una sola quota del prezzo complessivo l’accollo del mutuo, è un patto interno tra le parti, ma che non spiega alcun effetto nei confronti della banca che ha concesso il mutuo, la cui garanzia resterà estesa a tutto il terreno ed a tutti, indistintamente, gli appartamenti che su di esso vengono costruiti sino al momento del “frazionamento”.
Il “frazionamento” è l’atto con il quale la banca accetta che ciascuna unità immobiliare garantisca solo la parte di mutuo che i vari interessati all’acquisto hanno stabilito, con il costruttore, di accollarsi: esso è, quindi, l’atto che permette di circoscrivere la responsabilità patrimoniale alla quale ciascun acquirente si è voluto esporre, ma, purtroppo, arriva solo alla fine della vicenda edificatoria e solo alla condizione che tutte le rate del mutuo precedentemente scadute siano state regolarmente corrisposte. Finché sussiste una qualsiasi morosità, la banca non precede al frazionamento. E la morosità, per il meccanismo appena riferito (obbligazione diretta verso la banca del solo costruttore), insorge quasi sempre.
Accade frequentemente, infatti, che il costruttore non abbia provveduto al pagamento puntuale delle rate semestrali del mutuo fondiario cosicché quando, dopo i rogiti notarili di compravendita, i dieci acquirenti del nostro esempio cercheranno informazioni sul frazionamento, non solo si sentiranno rispondere dalla banca che, prima, dovranno far fronte alle semestralità lasciate insolute dal costruttore, ma, potrà anche accadere che, poco dopo, arrivi il pignoramento degli appartamenti per tutelare il recupero del credito mentre il costruttore, quasi sempre una società, si avvia al fallimento. Nella peggiore delle situazioni, peraltro nient’affatto rara, il fallimento della società costruttrice viene dichiarato prima che siano decorsi due anni dalle compravendite degli appartamenti, cosicché, al pignoramento immobiliare per il recupero del credito fondiario (che, come più sopra accennato, è insensibile alla dichiarazione di fallimento del debitore principale e può proseguire autonomamente, su impulso della banca, senza che questa sia obbligata ad insinuarsi al passivo fallimentare), si aggiunge l’esercizio dell’azione revocatoria della compravendita da parte del curatore fallimentare.
A questo punto, la vicenda vede coinvolta una serie di protagonisti, ciascuno dei quali si arrocca sulla posizione che ritiene giusta ed intoccabile. La banca pretende i suoi soldi e non intende transigere, almeno fino a quando il valore dei dieci appartamenti riesce a garantire l’ammontare del credito fondiario che, con il decorrere del tempo, continua a crescere in modo esponenziale per l’aggravio degli interessi convenzionali e di mora sull’intero mutuo non ancora estinto; gli acquirenti affermano che quello che dovevano pagare, secondo il contratto di compravendita, l’hanno pagato e non vedono perché dovrebbero pagare ancora per le colpe del costruttore; il curatore fallimentare, quale tutore della massa dei creditori, pretende la revoca delle compravendite perché hanno violato la parità i condizione tra i creditori.
Ma siccome il peggio non è mai morto, può verificarsi una situazione ancor più deteriore: si tratta dell’ipotesi in cui gli interessati si trovino a non aver ancora concluso, con l’atto notarile, la compravendita, ma, al momento della dichiarazione di fallimento del costruttore, abbiano in mano il solo contratto preliminare. In questo caso, il curatore fallimentare, ai sensi dell’art. 72, 4° comma, R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (cosiddetta Legge Fallimentare – L.F.) normalmente dichiara, come è sua espressa facoltà, di volersi sciogliere dal contratto preliminare riprendendosi immediatamente l’appartamento ed al promissario acquirente non resta che salutare tutti gli acconti pagati al costruttore potendoli solamente insinuare nel passivo fallimentare (art. 71 L.F.) senza alcuna speranza di recuperarli: il primo a recuperare, infatti, sarà il credito fondiario in forza della garanzia ipotecaria che lo privilegia rispetto a qualunque altro creditore.
Nelle righe che precedono, abbiamo narrato il dramma in cui si dibattono decine di migliaia di famiglie (si parla di circa 200.000), colpevoli solo di aver confidato nell’affermazione di principio dell’art. 47 della nostra Costituzione e nell’intervento della Giustizia che, invece, nella persona del curatore fallimentare (che pur sempre agisce sotto la direzione di un giudice della Repubblica – art. 25 L.F.), sembra vessarli ancora di più, mentre il costruttore, avendo aperto un’altra società, pubblicizza una nuova iniziativa immobiliare in tutto identica alla prima.
Si apprende in questi giorni, però, che, per uscire dal circolo vizioso appena sopra descritto, la Camera dei deputati ha approvato quasi all’unanimità (232 voti a favore, uno contrario, due astenuti), una legge di delega al Governo (il disegno di legge Duilio dal nome del primo firmatario) i cui punti salienti sono i seguenti:
- l’introduzione della fideiussione bancaria obbligatoria, a carico del costruttore, che garantisca all’acquirente la restituzione delle somme versate fino al rogito in caso di fallimento dell’impresa o della cooperativa di costruzione;
- l’istituzione di un fondo di solidarietà a favore di chi è rimasto vittima di un fallimento immobiliare nei cinque anni precedenti l’entrata in vigore della legge; tale fondo, che avrà vigenza per cinque anni, sarà alimentato proprio dal gettito derivante dalle prime fideiussioni stipulate dai costruttori;
- l’inserimento, nei contratti preliminari di vendita, delle modalità di pagamento.
Hanno festeggiato in modo particolare il risultato raggiunto dal primo ramo del Parlamento, la Conafi (il coordinamento dei comitati dei fallimenti immobiliari), la Assocond (l’associazione dei condomini) e l’Ance (associazione nazionale dei costruttori).
Occorre, tuttavia, ancora attendere l’approvazione del Senato prima che queste disposizioni divengano legge.
Nel frattempo, la prudenza, per chiunque intenda acquistare un immobile, è d’obbligo e l’assistenza di una serio professionista non è da considerarsi un costo aggiuntivo, ma una necessaria misura di prevenzione.

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