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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE – Sul privilegio dell’agente società di capitali – Numero unico 2000 – Pag. 41

 
 

(con nota di Flaminia Caiafa) – Corte Costituzionale – sentenza 7 gennaio 2000, n.1 Pres. Vassalli – Rel. Marini

FALLIMENTO – ACCERTAMENTO DEL PASSIVO – CREDITO DELL’AGENTE – AGENTE SOCIETÀ DI CAPITALI – MANCATA PREVISIONE DEL PRIVILEGIO – QUESTIONE DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE DEGLI ARTT.2751 BIS, N.3 E 2777, COMMA 2, LETTERA b) – INFONDATEZZA

E’ infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt.2751 – bis, n.3, e 2777, comma 2, lettera b), c. c., sollevata in riferimento all’art.3 della Costituzione nella parte in cui prevede che hanno privilegio sui mobili i crediti riguardanti le provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia e non i crediti per provvigioni dovute all’agente1.

Omissis (…)

    1. Il Tribunale di Vicenza, chiamato a decidere sulla collocazione di un credito, vantato da una società a responsabilità limitata a titolo di provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia, ha sollevato, in riferimento all’articolo 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art.2751 – bis, numero 3 Codice Civile (e, per quanto occorra, dell’art.2777, lettera b) Cod. Civ., recte: articolo 2777, secondo comma, lettera b), Cod. Civ.) nella parte in cui dette norme attribuiscono natura privilegiata ai crediti per provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia e alle indennità dovute per la cessazione del rapporto medesimo, indipendentemente dalla qualità rivestita dal soggetto creditore.

 

In particolare, secondo il Tribunale rimettente, il riconoscimento del privilegio di cui all’art.2751 – bis, numero 3 Cc anche alle società di capitali che svolgono attività di agenzia si pone in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione, sotto il profilo della irragionevolezza della inclusione – in una norma la cui ratio deve individuarsi nella tutela, in sede esecutiva, del lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni – di un privilegio a favore dei soggetti, quali appunto le società di capitali, caratterizzati dall’esercizio collettivo dell’impresa. Mentre, sotto altro profilo, la norma, come sopra interpretata, verrebbe a creare una illegittima disparità di trattamento tra l’agente che opera sotto forma di società di capitali i cui crediti sarebbero garantiti da privilegio e gli imprenditori che svolgono altre attività ed i cui crediti sarebbero privi di analoga tutela.

  1. La questione non è fondata, nei sensi di seguito precisati.

2. 1 La premessa interpretativa da cui il rimettente muove, pur affermandone la incostituzionalità, è quella – conforme alla giurisprudenza di legittimità – secondo la quale il privilegio previsto dalla norma denunciata assisterebbe i crediti per provvigioni e indennità, comunque derivanti dal rapporto di agenzia, senza dover distinguere, sotto il profilo soggettivo, se l’agente sia una persona fisica o una società.Tale tesi si fonda essenzialmente sul tenore letterale della norma che – diversamente dalle altre contenute nel medesimo articolo 2751 – bis – riconosce il privilegio di cui si tratta con riferimento non già ai soggetti titolari dei crediti, ma al tipo di credito (“le provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia…e le indennità dovute per la cessazione del rapporto medesimo”), con esclusione di qualsiasi considerazione di natura soggettiva.2.2. L’interpretazione accolta dal rimettente non è, tuttavia, la sola consentita dal testo e dalla ratio della disposizione impugnata, che può essere infatti intesa, in conformità alla giurisprudenza di merito e alla dottrina prevalenti, in un senso del tutto diverso, tale da superare il denunciato contrasto con l’art. 3 della Costituzione.

 

    1. Va ricordato, al fine di una esatta ricostruzione del significato della disposizione, come l’art. 2751 – bis sia stato introdotto nel codice civile dall’articolo 2 della legge 29 luglio 1975, n.426 (Modificazione al codice civile e alla legge 30 aprile 1969 n.153 in materia di privilegi) allo scopo, reso palese dai lavori preparatori, di attribuire ai crediti dei lavoratori autonomi una tutela di grado pari a quello già riconosciuto dalla legge n.153 del 1969 ai crediti dei lavoratori subordinati, assegnando loro il primo posto nell’ordine di prelazione di cui all’art. 2778 Codice Civile. Nella relazione alla prima delle proposte di legge successivamente unificate (la n.146 presentata il 30 maggio 1972) si afferma espressamente, a sostegno della necessità di una tale parificazione, che “la ratio legis dei numeri 4, 5 e 6 dell’articolo 2751 (corrispondenti ora ai numeri 1, 2 e 3 dell’articolo 2751 – bis) era infatti la medesima: quella cioè di tutelare i crediti per prestazione di attività lavorativa in forma sia subordinata che autonoma”, secondo il dettato dell’articolo 35 Cost.. La medesima esigenza di tutela del lavoro risulta altresì posta espressamente a base dell’emendamento – successivamente approvato con ulteriori modificazioni – diretto ad attribuire analogo privilegio generale sui mobili del debitore anche ai crediti dei coltivatori diretti e delle imprese artigiane (divenuti i numeri 4 e 5 dell’articolo 2751 – bis).

Sembra perciò difficile contestare che la ratio dell’intero articolo 2751 – bis Cod. Civ. sia quella di riconoscere una collocazione privilegiata a determinati crediti in quanto derivanti dalla prestazione di attività lavorativa svolta in forma subordinata o autonoma e, perciò, destinati a soddisfare le esigenze di sostentamento del lavoratore. Ratio che, del resto, inequivocamente, afferma lo stesso giudice di legittimità in riferimento alla altre ipotesi di privilegio previste dallo stesso articolo, pervenendo, in tal modo, a negare il riconoscimento della prelazione a favore dei creditori diversi dalle persone fisiche (o dai soggetti espressamente considerati nei numeri 5 e 5 – bis).2.4 L’assimilazione, quanto ai privilegi, delle società di capitali alle persone fisiche comporterebbe, dunque, una ingiustificata equiparazione di situazioni diverse. Pertanto, alla stregua del canone ermeneutico rappresentato dalla ratio legis e di quello, più volte enunciato da questa Corte, secondo cui tra più significati possibili occorre preferire quello conforme a Costituzione, le disposizioni denunciate devono essere interpretate nel senso di escludere dal loro ambito applicativo i crediti delle società di capitali, per la diversità causale di tali crediti rispetto a quelli che il legislatore ha inteso tutelare. Con conseguente dichiarazione di infondatezza della censura di violazione dell’articolo 3 Cost. sollevata dal rimettente in base ad una diversa lettura della norma denunciata. 


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