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MASSIMARIO DELLA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE – NUMERO UNICO 2000 – PAG. 89

 
 

SEZ. 1 SENT. 07539 DEL 04/06/2001 
ACCERTAMENTO DEL PASSIVO – DECRETO INGIUNTIVO NON DEFINITIVO – INOPPONIBILITÀ NEI CONFRONTI DELLA PROCEDURA – PAGAMENTO ESEGUITO DAL DEBITORE PRIMA DELL’APERTURA DELLA PROCEDURA – RIPETIBILITÀ A TITOLO DI INDEBITO OGGETTIVO – ESCLUSIONE.

Ancorché la dichiarazione di fallimento (o del provvedimento di messa in l.c.a.), intervenuta nelle more del giudizio di opposizione al decreto
ingiuntivo emesso a carico del debitore fallito, determini l’inopponibilità alla massa dell’ingiunzione e l’improcedibilità del giudizio di opposizione
ai sensi dell’art. 95 legge fall., il curatore fallimentare (o il commissario della l.c.a.), non ha diritto di ripetere dal creditore la somma da questo
incassata a seguito del pagamento eseguito dal debitore ingiunto, prima del fallimento, per effetto del titolo giudiziale provvisoriamente
esecutivo. (Nella specie, la Corte ha affermato che la procedura concorsuale non spiega alcuna rilevanza, se non ai fini della revocatoria sul
pagamento, perché eseguito dal fallito in forza di un valido titolo giudiziale che lo aveva reso coattivo, e nessuna incidenza riveste il fatto che
l’ingiunzione sia divenuta inopponibile per effetto dell’apertura della procedura, poiché non è del provvedimento giudiziale che deve essere
valutata l’efficacia nel momento suddetto ma dell’atto solutorio effettuato prima di esso).

SEZ. 1 SENT. 07247 DEL 29/05/2001

GIUDICE DELEGATO – PROVVEDIMENTI – RECLAMI – LEGITTIMAZIONE A PROPORRE RECLAMO – DELL’ASSUNTORE DEL
CONCORDATO – SUSSISTENZA – MANCATA COMUNICAZIONE, A COSTUI, DEL DECRETO IMPUGNABILE – CONOSCENZA DI FATTO
– IRRILEVANZA.

Ai sensi dell’art. 26, primo comma, legge fall., il reclamo al tribunale fallimentare contro i provvedimenti del giudice delegato è ammesso anche da
parte di chiunque vi abbia interesse; ne deriva che – essendo l’assuntore obbligato, a seguito della proposta di concordato omologata dal
tribunale, a garantire e pagare tutti i crediti facenti parte del passivo fallimentare – in capo a costui vanno riconosciuti l’interesse e la
legittimazione a proporre il rimedio in questione allorché sia in contestazione uno dei crediti della massa: rimedio che, se proposto, deve essere
considerato sempre tempestivo quando, per difficoltà ad individuare i soggetti comunque interessati, il decreto impugnabile non sia stato, allo
stesso, comunicato o notificato, atteso che il mancato adempimento di tale onere non può incidere negativamente sul diritto alla difesa,
costituzionalmente garantito, dovendosi d’altra parte escludere che il “dies a quo” per proporre il suddetto reclamo possa decorrere dalla
conoscenza fattuale dell’atto, dato che il compimento della formale attività acceleratoria e sollecitatoria è privo di equipollenti.

SEZ. 1 SENT. 07113 DEL 25/05/2001

OPPOSIZIONE AL FALLIMENTO – APPELLO – EFFETTO DEVOLUTIVO – QUESTIONI OGGETTO DI SPECIFICI MOTIVI DI GRAVAME –
RILEVANZA – QUESTIONI RILEVABILI D’UFFICIO NON COSTITUENTI L’ANTECEDENTE LOGICO DELLE STESSE – ESCLUSIONE.

L’art. 342 cod. proc. civ. prevede la devoluzione al giudice di secondo grado delle sole questioni che siano state fatte oggetto di specifici motivi
di gravame, oltre di quelle rilevabili d’ufficio che delle stesse costituiscono l’antecedente logico e in ordine alle quali non sia intervenuta
pronuncia in prime cure, posto che alla stregua di detti motivi si determina l’ambito del giudizio d’appello, con conseguente cristallizzazione del
“thema decidendum” su cui il giudice di questo è chiamato, ed è tenuto, a pronunciare (sulla base di tale principio, che non trova deroghe nella
materia fallimentare, la S.C. ha escluso che, impugnata la sentenza di rigetto dell’opposizione a dichiarazione di fallimento per irritualità della
convocazione del debitore e insussistenza dello stato d’insolvenza, il giudice d’appello possa rilevare d’ufficio la questione relativa al decorso del
termine di cui all’art. 10 legge fall.).

SEZ. 1 SENT. 07105 DEL 25/05/2001

FALLIMENTO DEI SOCI – CURATELA DEL FALLIMENTO SOCIALE – LEGITTIMAZIONE AD AGIRE E O A CONTRADDIRE – ESCLUSIONE
– FATTISPECIE.

In ipotesi di fallimento di una società di persone e dei soci illimitatamente responsabili (art. 147 legge fall.), il curatore del fallimento sociale non
ha legittimazione processuale nella controversie coinvolgenti la massa attiva personale del fallimento del socio che abbiano ad oggetto diritti che
già spettavano al fallito. Qualora, invece il curatore agisca in revocatoria contro atti del socio, in cui la distinzione tra i due fallimenti è
unicamente finalizzata a limitare il concorso dei creditori particolari del socio al solo fallimento del proprio debitore, la legittimazione del curatore
ad esercitare le azioni che incrementino le masse attive è in “re ipsa” e deve da riconoscersi. (Nella specie, la Corte ha escluso la legittimazione
del curatore del fallimento sociale ad agire per pretendere la liquidazione della quota di partecipazione del socio fallito ad una Snc sul
presupposto che l’interesse ad incrementare la massa attiva non basta a giustificare la legittimazione ad agire che sia prospettata come mezzo per
esercitare diritti altrui al di fuori dell’ipotesi dell’azione surrogatoria).

SEZ. 1 SENT. 06655 DEL 15/05/2001

NOMINA DI LEGALE DELLA SOCIETÀ FALLITA – LIMITAZIONE DEL MANDATO ALLO SVOLGIMENTO DI ATTIVITÀ
RECUPERATORIA – AMBITO – COSTITUZIONE NEI GIUDIZI DI OPPOSIZIONE AL FALLIMENTO DEI DEBITORI DELLA SOCIETÀ
FALLITA – SUPERAMENTO DEL MANDATO – ESCLUSIONE.

PRETESA INCOMPATIBILITÀ DEL GIUDICE DELEGATO A FAR PARTE DEL COLLEGIO CHIAMATO A DECIDERE SUL RECLAMO
AVVERSO I SUOI PROVVEDIMENTI – LAMENTATA INOSSERVANZA – CONSEGUENZE – NULLITÀ DEDUCIBILE IN SEDE DI
IMPUGNAZIONE – ESCLUSIONE. – ESERCIZIO DEL POTERE DI RICUSAZIONE – NECESSITÀ.

LIQUIDAZIONE DEL COMPENSO PER ATTIVITÀ ESPLETATA A FAVORE DEL FALLIMENTO – RIGETTO DEL GIUDICE DELEGATO –
NATURA DECISORIA – IMPUGNAZIONE CON RECLAMO “EX” ART. 26 LEGGE FALL. – AMMISSIBILITÀ – VERIFICA DEL RELATIVO
CREDITO ATTRAVERSO IL PROCEDIMENTO DEGLI ARTT. 93 E 101 LEGGE FALL. – NECESSITÀ – ESCLUSIONE. Rientra nel mandato,
conferito ad un legale dal curatore fallimentare su autorizzazione del giudice delegato, di recupero dei crediti vantati dalla società fallita, la difesa,
svolta dal suddetto legale, della medesima società fallita creditrice nei giudizi di opposizione alla dichiarazione di fallimento dei suoi debitori,
giacché – aprendo il fallimento, ai sensi dell’art. 52 legge fall., il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito al fine del soddisfacimento in
misura proporzionale delle loro ragioni, salvo il rispetto delle cause di prelazione – la costituzione del creditore istante nei suddetti giudizi di
opposizione ha, almeno in astratto, finalità recuperatoria, essendo diretta a contrastare la richiesta di revoca del fallimento, cui conseguirebbe la
cessazione delle attività di liquidazione e di ripartizione dell’attivo.

La pretesa incompatibilità del giudice delegato a far parte del collegio chiamato a decidere sul reclamo avverso il decreto emesso dallo stesso
giudice non determina nullità deducibile in sede di impugnazione, in quanto la stessa incompatibilità può dar luogo soltanto all’esercizio del
potere di ricusazione, che la parte interessata ha l’onere di far valere nelle forme e nei termini di cui all’art. 52 cod. proc. civ..

Il provvedimento con il quale il giudice delegato, “ex” art. 25 n. 7 legge fall., respinge la richiesta di liquidazione dei compensi per attività
espletata a favore del fallimento e su incarico della curatela, è impugnabile, trattandosi di provvedimento decisorio e quindi non meramente
ricognitivo, con il rimedio endofallimentare del reclamo al tribunale, ai sensi dell’art. 26 legge fall., non trovando applicazione la diversa regola per
la quale anche il debito cosiddetto “di massa” che sia controverso deve essere verificato attraverso il procedimento previsto dagli artt. 93 e 101
legge fall. come l’unico idoneo ad assicurare il principio della concorsualità anche nella fase della cognizione.

SEZ. U SENT. 00202 DEL 14/05/2001

PEGNO IRREGOLARE – INSINUAZIONE NEL PASSIVO FALLIMENTARE – NECESSITÀ – ESCLUSIONE.

Il creditore assistito da pegno irregolare, a differenza di quello assistito da pegno regolare, non può (per carenza di interesse) e non è tenuto ad
insinuarsi nel passivo fallimentare, ai sensi dell’art. 53 legge fall., per il soddisfacimento del proprio credito.

SEZ. 1 SENT. 06550 DEL 11/05/2001

STATO D’INSOLVENZA – SOCIETÀ IN STATO DI LIQUIDAZIONE – ACCERTAMENTO DELLO STATO DI INSOLVENZA – MODALITÀ.

Quando la società è in liquidazione, la valutazione del giudice, ai fini dell’applicazione dell’art. 5 legge fall., deve essere diretta unicamente ad
accertare se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentano di assicurare l’eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali, e ciò in
quanto – non proponendosi l’impresa in liquidazione di restare sul mercato, ma avendo come esclusivo obiettivo quello di provvedere al
soddisfacimento dei creditori sociali, previa realizzazione delle attività sociali, ed alla distribuzione dell’eventuale residuo tra i soci – non è più
richiesto che essa disponga, come invece la società in piena attività, di credito e di risorse, e quindi di liquidità, necessari per soddisfare le
obbligazioni contratte. (Nella specie, la S.C., in applicazione dell’enunciato principio, ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la
sussistenza dello stato di insolvenza di una società in liquidazione nella quale l’attivo patrimoniale risultante dal bilancio, benché illiquido, era
comunque superiore al passivo).

SEZ. 1 SENT. 06544 DEL 11/05/2001

REVOCATORIA FALLIMENTARE EX ART. 67, COMMA SECONDO, LEGGE FALL. – ESERCIZIO DELL’AZIONE DA PARTE DEL
COMMISSARIO LIQUIDATORE – COMPETENZA TERRITORIALE – DETERMINAZIONE – CRITERI.

In tema di liquidazione coatta amministrativa, nel caso di esercizio da parte del Commissario liquidatore dell’azione revocatoria di cui all’art. 67,
comma secondo, legge fall., al fine di vedere revocati i pagamenti intervenuti nell’anno precedente alla liquidazione, per la determinazione della
competenza territoriale si rende applicabile il criterio di collegamento dell’art. 20 cod. proc. civ., individuabile nel “forum destinatae soluzionis” di
cui all’art. 1182, comma terzo, cod. civ., ossia il domicilio del creditore corrispondente a quello della sede del liquidatore. La natura costitutiva
della revocatoria fallimentare non esclude il collegamento dell’azione ai diritti di obbligazione, in sostanza domandandosi con la revoca del
versamento la restituzione della somma corrispondente al “quantum” pagato, nè osta a tale ricostruzione dell’azione l’identificazione come diritto
potestativo del potere di agire; infatti il cosiddetto diritto potestativo è comunque relativo “a diritti di obbligazione”, perché il suo esercizio da
un lato ripristina la garanzia patrimoniale alterata dal pagamento di cui sancisce l’inefficacia e dall’altro determina la costituzione di un credito che
in caso di buon esito dell’azione, non potrà adempiersi se non al domicilio del creditore, divenendo le somme versate immediatamente restituibili
al liquidatore e, quindi, oggetto di un’obbligazione relativa ad una somma liquida ed esigibile.

SEZ. 1 SENT. 06543 DEL 11/05/2001

ACCERTAMENTO DEL PASSIVO – DICHIARAZIONI TARDIVE – CREDITO RAPPRESENTATO SIN DALL’ORIGINE DA UNA PLURALITÀ
DI CAMBIALI – PARZIALE INSINUAZIONE ORDINARIA DEL CREDITO – INSINUAZIONE TARDIVA DEL RESTANTE CREDITO –
AMMISSIBILITÀ – ESCLUSIONE.

L’ammissione al passivo fallimentare di una parte del credito, rappresentato sin dall’origine da una pluralità di cambiali di identico importo, ma
con diverse scadenze mensili, preclude l’ammissibilità della insinuazione tardiva del restante credito sulla base delle ulteriori cambiali non
azionate in sede di insinuazione ordinaria, ancorché le cambiali rappresentative del credito siano delle cambiali ipotecarie, sia assistito da ipoteca
soltanto il credito cartolare e il creditore (primo prenditore dei titoli) abbia fatto espressa riserva di azione per il residuo, senza che la temporanea
indisponibilità dei titoli possa ritenersi impedimento giuridico o di fatto all’esercizio dell’azione causale nel procedimento fallimentare (da ritenersi
“virtualmente dedotta in giudizio fra soggetti che cumulano la veste di parti del rapporto cartolare e di quello sottostante).

SEZ. U SENT. 00181 DEL 10/05/2001

CASSAZIONE (RICORSO PER) – PROVVEDIMENTO DEL GIUDICE DELEGATO DI RIGETTO DELL’ISTANZA DI CONSULTAZIONE E COPIA
DEL FASCICOLO FALLIMENTARE – DECRETO DEL TRIBUNALE FALLIMENTARE DI INAMMISSIBILITÀ DEL RECLAMO –
IMPUGNAZIONE CON RICORSO PER CASSAZIONE “EX” ART. 111 COST. – AMMISSIBILITÀ – ESCLUSIONE.

È inammissibile il ricorso per cassazione “ex” art. 111 Cost. nei confronti del decreto del tribunale fallimentare che neghi l’ammissibilità del
reclamo avverso il provvedimento del giudice delegato di rigetto dell’istanza (sorretta da una motivazione generica), proposta dall’amministratore
della società fallita, di esaminare il fascicolo del fallimento e di estrarne copia, giacché tale provvedimento reca una statuizione priva di autonoma
valenza decisoria, tenuto conto che l’esercizio del diritto di accesso al fascicolo fallimentare non risulta da esso inciso in maniera definitiva, non
potendo escludersi che l’interessato riproponga la sua domanda, alla quale non è opponibile alcuna preclusione da giudicato, con più precisa ed
adeguata motivazione che consenta non solo l’identificazione degli atti che si intendano visionare ma anche la valutazione del concreto interesse
che ne giustifica la consultazione.

SEZ. 1 SENT. 06465 DEL 09/05/2001

OPPOSIZIONE ALLO STATO PASSIVO – FACOLTÀ DEL GIUDICE DI ACQUISIRE IL FASCICOLO FALLIMENTARE – ONERE PROBATORIO
DELLA PARTE – PERMANENZA – MANCATO ESERCIZIO DELLA FACOLTÀ DA PARTE DEL GIUDICE – CENSURABILITÀ IN
CASSAZIONE – ESCLUSIONE.

RAPPORTI DI CONTO CORRENTE BANCARIO – ESTRATTO CONTO – APPROVAZIONE TACITA PER MANCATA CONTESTAZIONE DA
PARTE DEL FALLITO – EFFETTO PRECLUSIVO NEI CONFRONTI DEL CURATORE – ESCLUSIONE.

Il giudice dell’opposizione allo stato passivo può acquisire il fascicolo fallimentare e da esso eventualmente desumere elementi o argomenti di
prova, ma trattasi di facoltà (non sostitutiva dell’onere della prova che incombe alla parte), il cui mancato esercizio non è censurabile in sede di
legittimità.

L’istituto di credito, il quale prospetti una sua ragione di credito verso il fallito derivante da un rapporto obbligatorio regolato in conto corrente e
ne chieda l’ammissione allo stato passivo, ha l’onere, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, di dare piena prova del suo credito,
assolvendo al relativo onere secondo il disposto della norma generale dell’art. 2697 cod. civ. attraverso la documentazione relativa allo
svolgimento del conto, senza poter pretendere di opporre al curatore, stante la sua posizione di terzo, gli effetti che, “ex” art. 1832 cod. civ.,
derivano, ma soltanto tra le parti del contratto, dall’approvazione anche tacita del conto da parte del correntista, poi fallito, e dalla di lui
decadenza dalle impugnazioni.

SEZ. 5 SENT. 06085 DEL 26/04/2001

LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE DEL FALLITO – DIFETTO – RILEVABILITÀ D’UFFICIO – LIMITI – PRESUPPOSTI.

La perdita della capacità processuale del fallito conseguente alla dichiarazione di fallimento relativamente ai rapporti di pertinenza fallimentare,
essendo posta a tutela della massa dei creditori, ha carattere relativo e può essere eccepita dal solo curatore. Nel caso, tuttavia, in cui la curatela
abbia dimostrato il suo interesse per il rapporto in lite, il difetto di legittimazione processuale del fallito assume carattere assoluto ed è perciò
opponibile da chiunque e rilevabile anche d’ufficio. ( Nel caso di specie la Corte ha ritenuto che l’interesse dell’amministrazione fallimentare alla
definizione della controversia tributaria era reso manifesto dalla proposizione da parte del curatore dei relativi ricorsi innanzi al giudice tributario
e che, per l’effetto, il difetto di legittimazione processuale del fallito, che aveva promosso analogo giudizio, poteva essere rilevato anche d’ufficio.

SEZ. 1 SENT. 05843 DEL 20/04/2001

AZIONE REVOCATORIA FALLIMENTARE – INTERESSI – DECORRENZA – DAL GIORNO DELLA DOMANDA GIUDIZIALE – MAGGIOR
DANNO EX ART.1224 COD. CIV. – RICONOSCIBILITÀ.

Al vittorioso esperimento dell’ azione revocatoria fallimentare avente ad oggetto un atto solutorio consegue che, sulle somme dovute, devono
essere corrisposti gli interessi a far data dal giorno della domanda giudiziale, attesa la natura costitutiva dell’azione stessa, senza esclusione, ove
ne sussistano i presupposti, del maggior danno ex art. 1224 cod. civ., da riconoscersi ugualmente a far data da tale costituzione in mora.

SEZ. 1 SENT. 05724 DEL 18/04/2001

FACTORING – CESSIONE DI CREDITI PER CANONI NON SCADUTI DI SUBLOCAZIONE – FALLIMENTO DELLA SOCIETÀ CONDUTTRICE
SUBLOCANTE – RECESSO DEL CURATORE DAL CONTRATTO DI FACTORING E DI LOCAZIONE.

Al credito vantato dalla società di “factoring” a titolo di rimborso dei corrispettivi versati alla società (poi fallita) a seguito di cessione dei crediti
per canoni scaduti di sublocazione non va applicato il disposto dell’art. 7 della legge n. 52 del 1991, che riconosce il carattere di massa al debito
di restituzione al cessionario del corrispettivo pagato, se il curatore si sia avvalso della facoltà di recesso dal contratto di “factoring” (nella
specie, la società, poi fallita, era conduttrice di un intero complesso immobiliare ed aveva sublocato le singole porzioni del complesso stesso,
cedendo ad una società di “factoring” i crediti costituiti dai canoni di sublocazione che sarebbero maturati nel futuro del rapporto. Dichiarato il
fallimento della conduttrice, il curatore era receduto dal contratto di locazione con il proprietario del complesso immobiliare. La S.C., enunciando
il massimato principio, ha cassato la sentenza che aveva ammesso al passivo la cessionaria in via di prededuzione).

SEZ. L SENT. 05663 DEL 18/04/2001

CREDITO PER TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO NEI CONFRONTI DEL DATORE DI LAVORO INSOLVENTE – OBBLIGAZIONE DI
GARANZIA DELL’APPOSITO FONDO ISTITUITO PRESSO L’INPS – NATURA PREVIDENZIALE – AUTONOMIA RISPETTO
ALL’OBBLIGAZIONE DEL DATORE DI LAVORO.

Dagli artt. 2 e 4 del D.lgs. n. 80 del 1992 – l’ultimo dei quali prevede uno specifico termine di prescrizione annuale identico, nella durata, a quello
generalmente stabilito per i diritti alle prestazioni previdenziali di carattere temporaneo erogate dall’INPS – si desume inequivocamente che
l’obbligazione del Fondo istituito presso l’INPS in base allo stesso D.Lgs. n. 80 del 1992 per garantire il pagamento dei crediti di lavoro del datore
di lavoro insolvente diversi dal t.f.r. non ha natura retributiva ma previdenziale ed è, perciò, autonoma rispetto a quella del datore di lavoro
(anche se l’oggetto di tale obbligazione è del tutto coincidente con l’obbligazione datoriale, essendo determinato “per relationem” con riferimento
a quello che sarebbe stato il credito nei confronti del datore di lavoro, nella sua interezza e nel suo regime giuridico). Ne consegue che, non
trattandosi di una unica obbligazione con pluralità di debitori, ma di distinte obbligazioni di diversa natura, non vengono in considerazione gli
istituti propri della disciplina delle obbligazioni in solido e, in particolare per quanto riguarda la prescrizione, non si applica l’art. 1310 cod. civ. e,
quindi, il termine prescrizionale annuale previsto dal citato D.Lgs. n. 80 del 1992 non viene interrotto nei confronti del menzionato Fondo durante
la procedura fallimentare a carico del datore di lavoro ex art. 94 della legge fallimentare (non potendo tale conclusione desumersi dalla circostanza
che il Fondo è accollatario “ex lege” del debito del datore di lavoro

SEZ. 1 SENT. 05369 DEL 11/04/2001

CONCORDATO FALLIMENTARE – CONSEGUENTE CHIUSURA DEL FALLIMENTO – AZIONI REVOCATORIE PROMOSSE DALLA
CURATELA – IMPROPONIBILITÀ O IMPROSEGUIBILITÀ – CONDIZIONI.

L’omologazione del concordato fallimentare produce l’improponibilità o l’improseguibilità delle azioni revocatorie promosse dalla curatela ai sensi
degli artt. 64 e 67 legge fall., a condizione che il presupposto dell’impedimento all’esercizio o prosecuzione delle stesse sia dichiarato nel processo
e reso operativo attraverso lo strumento processuale dell’interruzione ex art. 300 cod. proc. civ., ovvero attraverso la produzione in giudizio dei
documenti attestanti l’intervenuta omologazione del concordato, ciò che non può avvenire nel giudizio per cassazione, ostandovi l’art. 372 cod.
proc. Civ.

SEZ. 1 SENT. 05113 DEL 06/04/2001

LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA DI SOCIETÀ COOPERATIVA EDILIZIA – RAPPORTI PREESISTENTI – APPLICABILITÀ
ART. 72 LEGGE FALL. – ESERCIZIO DELLA FACOLTÀ DI SCIOGLIERSI DALL’OBBLIGO DI TRASFERIMENTO DELL’IMMOBILE GIÀ
ASSEGNATO AL SOCIO IMMESSO NEL RELATIVO POSSESSO – OCCUPAZIONE ABUSIVA – CONFIGURABILITÀ DAL MOMENTO
DELL’ESERCIZIO DI TALE SCELTA.

La facoltà, attribuita al curatore fallimentare dall’art. 72 legge fall., applicabile, in virtù del richiamo operato dall’art. 201 della stessa legge, anche
agli organi della liquidazione coatta amministrativa, di sciogliersi dal contratto inerente all’obbligo di trasferimento di un bene stipulato dal fallito
e non ancora eseguito, deve essere riconosciuta anche nell’ambito dei rapporti di scambio tra la cooperativa edilizia ed i soci della stessa, con
riferimento all’atto traslativo dell’immobile al socio assegnatario dello stesso.

Posto che la dichiarazione, anche per fatti concludenti, con la quale viene esercitata la facoltà di scelta, prevista dall’art. 72 legge fall., ed
applicabile, in virtù del richiamo operato dall’art. 201 della stessa legge, anche alla liquidazione coatta amministrativa, dello scioglimento del
contratto attinente all’obbligo di trasferimento di un bene assunto dal fallito, o dal soggetto sottoposto a liquidazione, e non ancora eseguito, ha
natura sostanziale di atto di esercizio di un diritto potestativo, da solo idoneo a produrre l’effetto dello scioglimento del vincolo,
indipendentemente da una pronuncia del giudice che ha efficacia meramente dichiarativa, l’occupazione dell’immobile, da parte del socio di una
cooperativa edilizia in liquidazione coatta amministrativa, che sia assegnatario dell’alloggio e sia stato immesso nel relativo possesso, diviene
priva di titolo dal momento in cui gli organi della procedura abbiano esercitato la facoltà di sciogliersi dall’obbligo di trasferire l’immobile già
assegnato al socio. Ne consegue che da tale momento deve essere riconosciuto alla liquidazione della cooperativa il diritto al risarcimento dei
danni per l’occupazione abusiva e per il deterioramento dell’immobile.

SEZ. 1 SENT. 05061 DEL 05/04/2001

AZIONE REVOCATORIA FALLIMENTARE – CESSIONE DI CREDITO E MANDATO IRREVOCABILE ALL’INCASSO – DIFFERENZE.

La cessione del credito ed il mandato irrevocabile all’incasso conferito anche nell’interesse del mandatario, ancorché utilizzabili per finalità
solutorie o di garanzia impropria sono figure distinte, posto che la prima produce l’immediato trasferimento della posizione attiva del rapporto
obbligatorio ad altro soggetto che diviene l’unico legittimato a pretendere la prestazione del debitore ceduto, mentre con il mandato del tipo
indicato viene conferita al mandatario solo la legittimazione alla riscossione del credito, di cui resta titolare il mandante. La stessa funzione di
garanzia impropria è poi perseguibile, nelle due ipotesi, con modalità diverse, poiché, nella cessione del credito, la funzione di garanzia si pone
come clausola limitativa e risolutoria della cessione stessa una volta che l’entità del riscosso soddisfi l’entità del debito, mentre, nel mandato
irrevocabile all’incasso, la garanzia si realizza in forma empirica e di fatto come conseguenza della disponibilità del credito verso il terzo in
previsione della possibilità solutoria al momento dell’incasso, con la conseguenza, in tema di revocatoria ex art. 67, secondo comma legge fall.,
che, non integrando il mandato irrevocabile all’incasso una cessione di credito con funzione di garanzia, indipendentemente dalla revocabilità o
meno del mandato stesso, sono autonomamente revocabili gli atti solutori conseguiti all’esecuzione del mandato.

SEZ. 1 SENT. 05054 DEL 05/04/2001

CONCORDATO PREVENTIVO – INAMMISSIBILITÀ PER MANCATO DEPOSITO DELLA SOMMA PER LA PROCEDURA – CONSEGUENTE
DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO D’UFFICIO – NUOVA AUDIZIONE DEL DEBITORE – NECESSITÀ – ESCLUSIONE.

Per dichiarare d’ufficio il fallimento, quale conseguenza, normativamente sancita, dell’inammissibilità del concordato preventivo per mancato
deposito della somma occorrente per la procedura (art.163, secondo comma, legge fallimentare), non è necessario procedere ad una nuova
convocazione del debitore, già sentito nella fase di esame della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo ex art. 162 legge
fall. (nel testo risultante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 110 del 27 giugno 1972) perchè egli, nell’essere ammesso al concordato si
assoggetta consapevolmente alle conseguenze che ne derivano, tra cui la dichiarazione di fallimento, se ricorrono i presupposti di legge.

SEZ. 1 SENT. 05053 DEL 05/04/2001

FALLIMENTO – VENDITA DI IMMOBILI – MODALITÀ – INCANTO – COMPORTAMENTO INCOMPATIBILE CON LA VOLONTÀ DI FAR
VALERE UNA NULLITÀ – CONSEGUENZE.

A norma dell’art. 157 terzo comma cod. proc. civ. la nullità di un atto processuale non può essere fatta valere dalla parte che vi abbia, anche
tacitamente, rinunciato, con la conseguenza che, ove, nel corso di una vendita all’incanto (disposta, nella specie, dal giudice delegato al
fallimento) siano state ammesse ulteriori offerte nonostante il trascorrere di tre minuti (scanditi dal temporizzatore elettronico) dall’ultima offerta,
l’ultimo offerente non può poi proporre reclamo al Tribunale avverso il provvedimento di aggiudicazione del bene ad altro soggetto se, dopo la
riapertura dell’incanto, abbia tenuto un comportamento incompatibile con la volontà di far valere la nullità del provvedimento di ammissione di
ulteriori offerte, in particolare non esprimendo alcuna riserva sulla conduzione dell’incanto e partecipando all’ulteriore sviluppo di esso con una
serie di rilanci.(Nella specie, il Tribunale ha rigettato il reclamo proposto avverso il provvedimento di aggiudicazione del bene; la Corte, adita ai
sensi dell’art. 111 Cost., unica impugnazione ammissibile, giusta il dettato dell’art. 23 legge fall., ha confermato il decreto del Tribunale,
dichiarando l’inammissibilità delle censure motivazionali, incompatibili col ricorso straordinario ai sensi dell’art. 111 cit., e non ravvisando alcuna
violazione dei criteri normativi di interpretazione dei negozi giuridici processuali, nè, in particolare, dei criteri dettati dall’art. 329 cod. proc. civ.,
che, previsti in tema di acquiescenza alla sentenza, sono da ritenere estensibili, per l’assimilabilità dei fenomeni, anche alla rinuncia tacita a far
valere la nullità dell’atto).

SEZ. 1 SENT. 05044 DEL 05/04/2001

REVOCA DEL CURATORE – AZIONE DI RESPONSABILITÀ – PRESCRIZIONE – “DIES A QUO” – DECORRENZA DALLA DATA DELLA
SOSTITUZIONE.

In tema di fallimenti, l’azione di responsabilità contro il curatore revocato (azione che, a mente dell’art. 38 cpv. della legge fallimentare, “è
proposta dal nuovo curatore, previa autorizzazione del giudice delegato”) è soggetta all’ordinario termine di prescrizione decennale, in
considerazione della natura del rapporto, del tutto equiparabile al mandato, e decorre a far data dal giorno della sostituzione del curatore infedele,
a nulla rilevando che l’illecito a lui addebitato risalga ad epoca notevolmente anteriore, potendo la prescrizione legittimamente decorrere soltanto
“dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”, giusta disposto dell’art. 2935 cod. civ..

SEZ. 1 SENT. 05041 DEL 05/04/2001

REVOCATORIA FALLIMENTARE DI PAGAMENTI – TEMPO DEL PAGAMENTO – PROVA – ONERE DEL CURATORE.

L’art. 67, secondo comma, legge fallimentare, nel porre a carico del curatore del fallimento, al fine della revoca di pagamenti liquidi ed esigibili, la
prova “che l’altra parte conosceva lo stato d’insolvenza del debitore”, impone al curatore stesso di provare – ove sia contestato e, quindi, si
presenti incerto – il momento di effettuazione del pagamento da revocare, dovendo la prova della conoscenza dello stato di insolvenza essere
fornita con riferimento alla data di compimento dell’atto impugnato.

SEZ. L SENT. 05034 DEL 04/04/2001

CONCORDATO PREVENTIVO CON CESSIONE DEI BENI – PROCEDURA DI MOBILITÀ ATTIVATA DALL’IMPRENDITORE – ESONERO DAI
CONTRIBUTI – ESCLUSIONE.

Nel caso di concordato preventivo con cessione dei beni, l’esonero dal pagamento del contributo di mobilità di cui all’art. 5, quarto comma delle
legge n. 223 del 1991 (previsto dall’art. 3, terzo comma legge cit.) spetta solo quando ad attivare la procedura di mobilità dei lavoratori eccedenti
sia il liquidatore, qualora sia intervenuta la sentenza di omologazione del concordato, ai sensi degli artt. 180 ss. Legge Fall., considerato che è
solo con tale sentenza che, effettuati i controlli del caso, il competente Tribunale provvede alla nomina del liquidatore e determina le altre
modalità della liquidazione (art. 182); tale esonero non spetta, invece, quando sia stato l’imprenditore ad attivare la procedura di messa in
mobilità, neppure per le rate successive alla nomina del commissario giudiziale o del liquidatore.

SEZ. 1 SENT. 04455 DEL 28/03/2001

DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO – CESSAZIONE DELL’ATTIVITÀ DI IMPRESA – “DIES A QUO” – ACCERTAMENTO DEL GIUDICE DEL
MERITO – INCENSURABILITÀ IN CASSAZIONE – LIMITI – FATTISPECIE.

DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO – STATO D’INSOLVENZA – NOZIONE – APPREZZAMENTO SPETTANTE AL GIUDICE DI MERITO –
INSINDACABILITÀ IN SEDE DI LEGITTIMITÀ – LIMITI.

DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO – ARTIGIANO – RIFERIMENTO ALL’ART. 2083 COD. CIV. – NECESSITÀ.

DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO – OPPOSIZIONE – APPELLO – RICORSO PER CASSAZIONE – DENUNCIA DI NULLITÀ DELLA
SENTENZA IMPUGNATA – AMMISSIBILITÀ – CONDIZIONI.

Ai fini della decorrenza del termine annuale dalla cessazione dell’attività, entro il quale, ai sensi dell’art. 10 legge fall., può essere dichiarato il
fallimento dell’imprenditore, il principio della effettività, alla cui stregua l’acquisizione della qualità di imprenditore commerciale è
indissolubilmente collegata, al di là di ogni elemento nominalistico e formale, al concreto esercizio dell’attività di impresa, anche la dismissione di
tale qualità – per quanto attiene all’imprenditore individuale, diversi criteri essendo accolti per le società – deve intendersi correlata al mancato
compimento, nel periodo di riferimento, di operazioni intrinsecamente corrispondenti a quelle poste normalmente in essere nell’esercizio
dell’impresa, ed il relativo apprezzamento compiuto dal giudice del merito, se sorretto da sufficiente e congrua motivazione, si sottrae al sindacato
in sede di legittimità.(Nella specie, alla stregua del principio di cui alla massima, la S.C. ha ritenuto viziata la decisione della Corte territoriale – che
aveva respinto l’appello avverso la decisione di rigetto della opposizione alla dichiarazione di fallimento – nella parte in cui aveva desunto gli
unici elementi significativi della continuazione dell’attività imprenditoriale oltre il termine di cui all’art. 10 legge fall. dal compimento degli
adempimenti amministrativi relativi e conseguenti alla cancellazione dall’albo, negando apoditticamente rilevanza al dato oggettivo dell’assenza di
registrazione fiscale di operazioni imponibili ai fini IVA nel periodo considerato).

In tema di dichiarazione di fallimento, lo stato di insolvenza dell’impresa, che esso presuppone, da intendersi come situazione (in prognosi)
irreversibile, e non già meramente temporanea impossibilità di regolare adempimento delle obbligazioni assunte, legittimamente può essere
desunto dalla molteplicità ed entità complessiva delle obbligazioni che non hanno ricevuto adempimento alle rispettive scadenze con mezzi
normali di pagamento, quando non sia allegata alcuna ragione idonea a dimostrare la mera accidentalità di tale situazione rispetto al fisiologico
andamento dell’impresa. La relativa valutazione è rimessa al giudice del merito ed è insindacabile in assenza di vizi logici ed errori giuridici.

La legge 8 agosto 1985, come modificata dalla legge 20 maggio 1997, n.133, detta criteri utili a definire la natura artigiana di un’impresa
esclusivamente ai fini dell’ammissione della stessa alla fruizione delle provvidenze previste dalla legislazione regionale di sostegno. Tali criteri
non assurgono, pertanto, a principi generali idonei a sovrapporsi alla regolamentazione codicistica, e, in particolare, alla disciplina posta dall’art.
2083 cod. civ., con la conseguenza che solo a quest’ultima, e non alla richiamata legislazione speciale, può farsi riferimento per la soluzione dei
problemi insorgenti in materia fallimentare. Pertanto,l’iscrizione all’albo delle imprese artigiane, legittimamente effettuata ai sensi dell’art. 5 della
citata legge n. 443 del 1985, pur avendo natura costitutiva nei limiti suindicati, non assume influenza determinante “ex se” ai fini della esclusione
dall’assoggettabilità alla procedura concorsuale. VEDI 199807366 517537 VEDI 200007065 537001

In tema di impugnazione della sentenza emessa sulla opposizione alla dichiarazione di fallimento, trova applicazione il principio generale vigente
in materia di impugnazioni di merito, in base al quale la denuncia della nullità della sentenza non può essere considerata alla stregua di una
autonoma ed autosufficiente “querela nullitatis”, essendo, al contrario, ammissibile solo se ed in quanto correlata alla prospettazione della
ingiustizia della sentenza mediante la deduzione di specifiche censure relative al contenuto decisionale della medesima.

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