Avv. Maurizio Calò

 

PROVVISORIA ESECUTORIETA’ DEL DECRETO INGIUNTIVO:

OLTRE ALLA SOSPENSIONE

DISCIPLINATA DALL’ART.649 C.P.C.

E’ INAMMISSIBILE LA REVOCA?

  

L’esecuzione provvisoria attribuita al decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 642 c.p.c., tende al conseguimento immediato delle opportune garanzie in favore del creditore pure in pendenza del termine per l’opposizione del debitore.

In tali casi, pertanto, l’opposizione al decreto ingiuntivo viene di norma proposta quando già il creditore ha promosso l’esecuzione o ha iscritto ipoteca.

Nel corso del giudizio di opposizione, l’art. 649 c.p.c. consente che la provvisoria esecuzione di cui è munito il decreto monitorio posso essere sospesa dal giudice istruttore su istanza dell’opponente, ma l’effetto di tale provvedimento incide sull’attività esecutiva interrompendone l’ulteriore corso e conservando l’efficacia degli atti già svolti. In breve la sospensione della provvisoria esecutorietà ha efficacia ex nunc.

Tale meccanismo del codice di rito è perfettamente comprensibile ed accettabile nell’ipotesi in cui la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo sia stata legittimamente concessa in modo palesemente illegittimo, risulta inappagante la semplice sospensione con effetti ex nunc  apparendo più giusto il provvedimento di revoca  il quale farebbe decadere l’attività esecutiva con efficacia ex tunc  elidendone ogni effetto sin dal suo inizio.

In passato l’argomento è stato oggetto di attenzione da parte della giurisprudenza, la quale, al supremo grado, ha talvolta riconosciuto al giudice istruttore il potere di revocare la provvisoria esecutorietà dell’ingiunzione, come tra breve si darà, la norma prevista dall’art. 351 c.p.c. in sede d’impugnazione della sentenza provvisoriamente esecutiva.

Passiamo in rassegna la decisioni rinvenute in tal senso: “ Nel  sistema processuale vigente, l’opposizione al decreto ingiuntivo va configurata come un mezzo di impugnazione ordinaria, analogo all’appello. Al procedimento di opposizione alla ingiunzione si debbono quindi applicare le norme sulle impugnazioni in generale in quanto compatibili ed adattabili alla speciale procedura…”(Cass. 14 ottobre 1960, n.2729; conf. Cass. 5 dicembre 1956, n. 4350; App. Milano 24 ottobre 1958, in Giust. civ., 1958, voce Ingiunzione, n. 45; App. Firenze 21 dicembre 1955, in Giur. toscana, 1956, 342).

Le norme che consentono al giudice di appello di revocare la clausola di provvisoria esecuzione sono applicabili, analogicamente, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, per cui, anche in mancanza di espressa previsione, il giudice istruttore può revocare la clausola di provvisoria esecuzione concessa al sensi dell’art. 642 c.p.c., ove l’opponente si dolga che la stessa sia stata illegittimamente concessa  (Trib. Monza 6 giugno 1962, Morlato c. Ciminaghi, in Temi nap., 1962, I, 402 e in R.F.I., 1962, voce Ingiunzione, n. 52; conf. Cass. 21 febbraio 1944, n. 110; Pret. Cortina d’Ampezzo 25 ottobre 1958, in Foro pad., 1959, I, 1044).

Il giudice istruttore nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, è competente a decidere sulla revoca della provvisoria esecuzione concessa in applicazione della norma contenuta nell’art. 642 c.p.c. ed a disporre, in caso di revoca, la cancellazione dell’ipoteca eventualmente iscritta in forza del suddetto decreto” (Trib. Milano 8 novembre 1965, in Monit. trib., 1966, p.10).

Anche  per il Pretore di Napoli (sent. 4 aprile 1972, in Dir. giur., 1972, 548)  il giudice istruttore, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, può revocare la clausola di provvisoria esecuzione, concessa ai sensi dell’art. 642 c.p.c. e disporre, in tal caso, la cancellazione dell’ipoteca eventualmente iscritta in forza del suddetto decreto.

In dottrina si segnalano particolarmente sull’argomento, Francesco Bucolo, E’ revocabile l’esecutività provvisoria della ingiunzione concessa ex art. 642 c.p.c?, in Monit. trib., 1966, 416 e Edoardo Garbagnati, I procedimenti di ingiunzione e per convalida di sfratto, Giuffrè , 1979, p. 207 entrambi per la soluzione negativa.

Come si evince dalle decisioni sopra  riportate, l’applicabilità della revoca alla provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo deriva dal concepire questo provvedimento come una sentenza di condanna caratterizzata da una cognizione sommaria poiché esso viene emesso al termine di un procedimento di cognizione sia pure inaudita altera parte e, quindi, senza conoscere le eventuali eccezioni che il debitore ingiunto potrà sollevare. In particolare le ragioni che hanno indotto a qualificare come una sentenza il decreto di condanna, sono state individuate nella cognizione piena che esercita il giudice sulla domanda, nella eseguibilità provvisoria, nell’acquisto di definitiva esecutorietà del decreto per mancata attività dell’opponente o rigetto dell’opposizione; nell’efficacia di titolo esecutivo che acquista il decreto; nella sua capacità all’iscrizione di ipoteca giudiziale; nell’irretrattabilità  che acquista il decreto nel caso di estinzione del processo e nella sua impugnabilità per revocazione.

Ora, proprio come diretta conseguenza della natura di sentenza di condanna attribuita al decreto ingiuntivo, la giurisprudenza sopra citata (Cass. 14 ottobre 1960, n. 2729 e ss.) ha costruito il giudizio di opposizione come mezzo di impugnazione da porsi accanto alla revocazione ed all’opposizione  di terzo considerati dall’art. 656 c.p.c. Per tale tesi, quindi, posto, per tutto ciò che sopra si è riferito, che la funzione della clausola di provvisoria esecuzione è identica sia nel caso in cui venga concessa per una sentenza di primo grado, sia nel caso in cui venga concessa per un decreto ingiuntivo e che le stesse condizioni che ricorrono nel primo caso e giustificano la previsione normativa della revoca sussistono anche nel secondo (identità degli elementi di fatto decisivi per l’identità di trattamento giuridico), si conclude che le due fattispecie sono analoghe e che per l’una e per l’altra ricorre l’esigenza di un pari trattamento giuridico e, conseguentemente, l’applicabilità della facoltà di revoca della provvisoria esecutorietà prevista per l’impugnazione della sentenza dall’art. 351 c.p.c. al giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo.

La suggestiva tesi di equiparare il decreto monitorio alla sentenza di condanna, ha trovato anche illustri fautori in dottrina (cfr. per tutti Garbagnati, op. cit., il quale, però, si pronuncia contro la revocabilità della provvisoria esecutorietà per mancanza di previsione nell’art. 649 c.p.c.), ma, francamente, non se ne vede alcuna utilità se non quella di volere introdurre nel meccanismo dell’ingiunzione, mediante l’istituto dell’analogia, altri meccanismi ad esso del tutto estranei.

In verità il procedimento d’ingiunzione appare uno dei meno lacunosi nella disciplina del codice di rito e ciò consente di dare adeguata risposta a tutti i quesiti che possono sorgere intorno ad esso  lasciano assai poco spazio ad interpretazione analogica.

Il decreto ingiuntivo, quindi,  non è né più  né meno della definizione normativa: un provvedimento speciale, reso a seguito di un procedimento sommario e suscettibile di provvisoria esecutività, mentre il relativo giudizio di opposizione è il mezzo meramente eventuale concesso al debitore affinché la domanda esposta dal creditore nel ricorso introduttivo venga sottoposta alla cognizione ordinaria in contraddittorio tra le parti: non è, quindi, un mezzo di impugnazione del decreto  ingiuntivo, a meno di non usare il termine “impugnazione” in senso atecnico.

Infatti l’attività cognitiva del giudizio di opposizione ruota  direttamente intorno al diritto azionato originariamente dall’attore ingiungente e solo mediatamente ciò trascinerà le valutazioni di corretta o irregolare emissione del decreto monitorio.

A voler analizzare  queste differenze si osserva:

1)      che nelle impugnazioni “tecniche” tutti i gradi del giudizio si svolgono nel pieno contraddittorio delle parti, mentre tale caratteristica manca nella fase monitoria rispetto al giudizio di opposizione;

2)      le impugnazioni seguono il principio devolutivo comportando, il secondo grado, un riesame di quanto esaminato e statuito in primo grado, mentre l’opposizione  all’ingiunzione si svolge dinanzi allo stesso grado cui appartiene il giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo;

3)      oggetto del giudizio di impugnazione è la revisione critica dell’analisi operata dal primo giudice nell’esame valutativo delle prove prodotte dalle parti, mentre nel giudizio di opposizione all’ingiunzione si aggredisce la sussistenza di un diritto già provato per tabulas  esaminando criticamente gli argomenti impeditivi, modificativi od estintivi, che ostano alla sua realizzazione, addotti dall’opponente.

In breve: il giudizio di impugnazione riesamina la valutazione operata in primo grado in ordine alla sussistenza di un diritto mentre l’opposizione al decreto ingiuntivo esamina la sussistenza o meno di un diritto consacrato in atti scritti e, quindi, dotato di particolare efficacia.

L’opposizione a decreto ingiuntivo costituisce pertanto il mezzo previsto dalla legge per aprire, in primo grado, il contraddittorio sulla sussistenza o meno di un diritto formalmente esistente perché sacralizzato in un atto scritto o al quale la stessa legge conferisce particolare credibilità.

Dalla non equiparabilità del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo alla impugnazioni, discende l’inapplicabilità analogica delle rispettive normative e, di conseguenza, la non revocabilità, da parte del G.I., della provvisoria  esecutorietà di cui goda ab origine il decreto ingiuntivo essendo tale rimedio previsto esclusivamente nell’ambito delle impugnazioni dall’art. 351 c.p.c.

Se poi, per ipotesi, la provvisoria esecutorietà venga concessa al decreto ingiuntivo in modo del tutto illegittimo ed al di fuori dei casi previsti dall’art. 642 c.p.c.,. esistono nell’ordinamento altri mezzi dissuasivi al permanere dell’esecuzione o dell’iscrizione ipotecaria così indebitamente  intraprese quali l’art. 96, comma 2°, c.p.c. o il sequestro conservativo a carico dell’opposto a garanzia dei danni così procurati all’opponente.

Si deve tuttavia segnalare l’opportunità , de iure condendo, di introdurre la facoltà di revoca della provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo qualora sia stata illegittimamente concessa, non fosse altro che per una semplice considerazione con riferimento al principio egalitario: perché la revoca della provvisoria esecutorietà  deve essere prevista in relazione alla sentenza, che viene emessa da un Collegio di giudici, a seguito di un completo contraddittorio fra le parti, e non anche per il decreto ingiuntivo, che viene emesso sempre in assenza di contraddittorio e da giudice monocratico?