Postfazione
a cura della Gimp
Come ogni pubblicazione anche la Rivista dei Curatori Fallimentari intrattiene con i suoi lettori un dialogo fitto di scambi e di piccole abitudini. I lettori ci telefonano e ci raccontano. 

C’è chi dice di trovare in qualche dotta citazione e nel gioco dei rimandi, delle note e delle illustrazioni, lo spirito umanistico del liceo classico di una volta e quindi ritorna studente. Altri, più pratici, restano professionisti e si precipitano sulle parti tecniche e scientifiche dove l’aggiornamento è di rigore; alcuni, invece, trovano utile captare gli umori del Foro romano tra le righe dell’editoriale e si buttano a capofitto nelle brillanti note del direttore. Poi arriva il collezionista, quello che la rivista la vuole allineata sullo scaffale e chi estrae il Massimario e lo mette al sicuro in agenda. E ancora c’è chi la sfoglia (la rivista), la guarda e va a leggere queste ultime righe per capire il motivo della scelta iconografica del numero in questione. 
La tradizione vuole che l’argomento della nostra intervista, il primo piano, in genere ce ne suggerisca il tema. Così il serafico Professor Gargiullo, oltre a disquisire dottamente di archeologia subacquea ci ha fatto vagabondare tra la sua vasta biblioteca alla ricerca di illustrazioni e disegni che ci portassero nelle profondità del continente acquatico.
Certo, la vastità degli argomenti giuridici trattati, spesso sacrifica la nostra scelta iconografica che diventa così minimalista, e si accontenta di piccole citazioni. Ci siamo allora affidati alle forme dei molluschi, dei cefalopodi, dei celenterati, dei crostacei dei pesci e delle alghe per evocare l’ambiente marino. Ma se è molto difficile mettere il mare in una bottiglia, figuriamoci in un giornale. 
E allora, per evitare le ire di Nettuno, restituiamo al mare grandezza e dignità con il disegno che solo la parola scritta del narratore sa tracciare. Vittorio G. Rossi, dal libro Maestrale: “ Io ho letto molte poesie sul mare; non ce n’è una che riesca a mettere l’uomo alla presenza del mare, come uno che si affaccia alla finestra, e davanti c’è il mare; nessun poeta è mai riuscito a fare il mare con le parole; la cosa più viva, più sterminata, più irrequieta, più tranquilla, più furiosa che sia sulla terra dell’uomo. Ma questo non dipende dai poeti; dipende dal mare. I poeti sono bravi con le cose che non si capiscono; neanche il mare si capisce; non dà mai il tempo di capirlo; ma il mare è più vecchio di qualsiasi altra cosa vecchia; porta tutta la vecchiaia della terra; ma è anche il più giovane di tutto; ogni mattino il mare perde i suoi anni, e sotto gli occhi dell’uomo che lo guardano trasecolati rinasce fresco come nel primo giorno della creazione”.


Gira pagina

INDIETRO

TORNA ALL'INDICE